«Comincia pensando alla fine».
Questa frase viene non da un teologo ma da un esperto di tematiche manageriali e sviluppo personale, Stephen Covey, noto soprattutto per il libro Le 7 regole per avere successo (una traduzione infelice di The 7 Habits of Highly Effective People).
È infatti la seconda delle abitudini che Covey presenta come necessarie per essere efficaci nel proprio percorso lavorativo, e per estensione, nel resto della vita.
(...) Infatti, «avendo chiaramente in mente la fine, possiamo assicurarci che qualsiasi cosa facciamo in un qualsiasi giorno della nostra vita contribuisca in modo significativo alla visione che abbiamo della nostra vita».
Questo approccio si interseca in modo interessante con la fede cristiana. Certamente, la visione che noi abbiamo della nostra vita, se siamo discepoli di Cristo, deriva dalla visione che Dio ha della nostra vita.
In questo senso, l'approccio antropocentrico di Covey è sostituito nella Bibbia con un approccio teocentrico. Ma l'impatto della fine sul presente rimane.
Non per nulla anche il testo che appare il più antropocentrico della Scrittura, l'Ecclesiaste, ci ricorda di ricordare il Creatore e il giudizio che ci aspetta. Questa visione del futuro impatta la vita presente del discepolo.
In maniera analoga, la grande differenza fra il testo di Covey e la fede cristiana sta nell'ampiezza del messaggio biblico: la nostra storia non è l'unica storia, una nostra creazione personale più o meno svincolata dal resto del mondo. Tutt'altro. La nostra storia si colloca nella grande storia che si sta svolgendo e sviluppando e che corre verso un gran finale.
È solo in questa grande storia che possiamo trovare un senso alla nostra storia, e trovare obiettivi che siano non solo rilevanti e chiari, ma anche raggiungibili e realistici. In altre parole, solo quando saprò come finirà la grande storia potrò ragionare su come dovrò vivere la mia storia.
Ora, la conoscenza del futuro ha da sempre affascinato l'essere umano. Da una semplice curiosità a un forte bisogno di sicurezza, fino a una brama morbosa di controllo, il desiderio di sapere ciò che verrà ha stimolato immaginazione e creatività, ma anche uno zelo malsano e in casi estremi ingannevoli pratiche occulte.
Infatti, la conoscenza del futuro viene chiaramente limitata e impedita dal Signore, l'unico che conosce l'inizio dalla fine, e la Scrittura di conseguenza ci fornisce solo alcuni elementi chiari riguardo il futuro, mentre indicazioni personali sono decisamente l'eccezione.
Credo che il nostro Padre Celeste sapeva benissimo cosa stesse facendo quando ci ha rivelato quel che ci ha rivelato: abbastanza da darci forza e chiarezza per il nostro percorso, ma non troppo da renderci assopiti o noncuranti. Insomma, da tenerci con una giusta tensione che si traduce in fiducia in lui e dipendenza da lui.
L'escatologia dunque esplora questa tensione, e in questo numero di Lux Biblica analizzeremo come l'escatologia impatti, o debba impattare, alcuni aspetti della nostra vita e del nostro ministero.