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Avviso di tempesta

Avviso di tempesta

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Billy Graham è uno di più grandi evangelisti del nostro tempo. Con le sue campagne di evangelizzazione e con i suoi libri ha raggiunto milioni di persone in tutto il mondo, con l'annuncio della salvezza in Cristo.
Rivolte razziali, uragani e innumerevoli altre sorprese sulle prime pagine dei giornali, ci rendono coscienti dello scompiglio che regna nel mondo d'oggi. Nessuno sa che cosa porterà il domani, perché i cambiamenti dei nostri tempi sono stati così improvvisi e imprevedibili.

Avviso di tempesta mostra la possibilità di speranza e di rinnovamento del nostro mondo. Billy Graham indica i problemi che il nostro pianeta affronta oggi, ma ci fornisce al contempo rassicuranti risposte. Un libro che nessuna persona responsabile può fare a meno di leggere.
Che cosa dice la Bibbia di AIDS, di aborto e di altri argomenti di scottante attualità? Che significato hanno gli improvvisi cambiamenti in Russia e nell'Europa dell'est? Quali sono oggi le prospettive di pace nel mondo?
ISBN: 9788880770039
Produttore:
Editrice Uomini Nuovi
Codice prodotto: 9788880770039
Peso: 0.530kg
Rilegatura: Brossura
Lingua: Italiano

Capitolo gratuito

Capitolo 1




VENTI DI TRASFORMAZIONE




Tutte le mie esperienze di disastri, sia naturali, sia provocati dall’uomo, non mi avevano preparato allo spettacolo che mi si presentò dinanzi nel sud della Florida, nel settembre 1992. L’uragano “Andrew” aveva scavato un solco largo oltre sedici chilometri e, per quanto l’occhio potesse spaziare, non si vedeva altro che il caos. Non una sola costruzione era stata risparmiata.
Il governatore Lawton Chiles m’invitò ad andare laggiù per recare conforto agli abitanti delle zone maggiormente colpite, particolarmente Homestead ed altre località dove “Andrew” aveva provocato danni enormi. Sabato 5 settembre ebbi il privilegio di tenere una riunione per quelle persone che avevano diperatamente bisogno d’incoraggiamento. Soltanto pochi giorni prima queste stesse persone vivevano la loro vita normale, ignari dei movimenti di alcune piccole nubi nere che i satelliti avevano identificato sulla costa occidentale dell’Africa.
Dapprima ci fu una tipica depressione tropicale, che si muoveva lentamente, aumentando in volume, verso occidente, sul mare. Le previsioni meteorologiche in tutto il mondo annunziarono questo primo uragano della stagione, aggiungendo, però, che era troppo lontano da qualsiasi zona abitata per destare preoccupazione. Il movimento, tuttavia, cambiò radicalmente nei tre giorni seguenti, mentre la tempesta si avvicinava ai Caraibi. Di giorno in giorno le previsioni del tempo si facevano più gravi: avvisi di modesti temporali, avvisi di fortunale, avvisi di tempesta e, infine, quando il vento raggiunse una velocità fortissima, l’annunzio del sopraggiungere dell’uragano.
Le prime terre abitate colpite dall’uragano “Andrew” furono le Bahamas, domenica 23 agosto. Quattro persone furono uccise sull’isola di Eleuthera e i danni provocati furono i più pesanti che mai avesse avuto quell’isola. Quattro ore dopo, le palme della Florida del sud cominciarono a danzare nel vento, via via che “Andrew” si avvicinava.
Mia figlia, Gigi, e suo marito Stephen ci telefonarono quella sera dalla loro casa nei pressi di Fort Lauderdale (Florida). “Siamo qui seduti aspettando ‘Andrew’”, dissero. “Non sappiamo con esattezza dove colpirà, ma dovrebbe arrivare in questi paraggi entro le prossime quattro ore”. Ci descrissero le precauzioni che stavano prendendo, ma non intendevano lasciare la casa. Le parole di nostra figlia riuscirono a rendere più significativo per mia moglie e per me il senso dell’uragano. Molto più a sud, presso Florida City, Herman Lucerne si stava preparando a lasciar fuori dalla porta la tempesta. Ex sindaco della città, Herman era una famosa guida per la pesca. All’età di 78 anni era noto con il soprannome di “Signor Everglades”, perché conosceva ogni palmo di quell’immensa palude. Vi aveva trascorso tutta la vita. Quando udì i primi annunzi della tempesta, prese le solite precauzioni, come aveva fatto altre innumerevoli volte nei casi di uragano. Ne aveva visti così tanti che era certo di superare anche questo.
“Andrew” colpì la Florida del sud verso le quattro del mattino. Durante lunghe ore di morte, l’uragano si scatenò come una furia devastatrice di proporzioni gigantesche. Per la prima volta la tempesta passò direttamente sul palazzo del Servizio Nazionale per l’avvistamento degli uragani e strappò via il radar dal tetto della costruzione di sei piani. L’anemometro del centro venne distrutto proprio dopo aver registrato la velocità del vento di 240 chilometri orari. I venti che spazzarono la Florida provocarono trentatré morti, distrussero oltre 63.000 case e lasciarono 1.300.000 persone senz’acqua e senza elettricità e fecero danni per più di quarantamila miliardi di lire. Ma l’uragano non si fermò lì. Diciannove ore dopo attraversò il Golfo del Messico e colpì le coste della Louisiana, dove seminò nuovamente la morte, lasciando cinquantamila persone senza casa e centinaia di migliaia senz’acqua o elettricità.
Tutti i giornali affermarono che questa era la più grave calamità naturale che mai avesse colpito gli Stati Uniti.
Appena fu possibile, mia moglie ed io telefonammo a Gigi e Stephen. Ci dissero che il vento aveva soffiato dalle loro parti ad una velocità di 150 chilometri all’ora, abbattendo alberi e pali della luce e danneggiando molte case. A loro non era successo nulla, ma ci assicurarono che non avrebbero mai più tentato di affrontare un uragano in quel modo!
A Florida City, tragicamente, Herman Lucerne non riuscì a sopravvivere al passaggio di “Andrew”. Si era fidato della sua esperienza, ma questa volta le precauzioni ordinarie non erano state sufficienti.
Ventitré anni prima, a Pass Christian, nel Mississippi, un gruppo di persone si preparò a partecipare ad un ricevimento in onore di un uragano chiamato “Camilla”. Erano ignari del pericolo cui andavano incontro, come mia figlia Gigi e suo marito Stephen? Erano troppo fiduciosi come Herman? Si lasciavano guidare dal loro orgoglio? Non lo sapremo mai. Ciò che sappiamo è che il vento stava già soffiando forte, quando, appena fattosi notte, il comandante della polizia, Jerry Peralta, si avvicinò al palazzo in cui stavano quelle persone, che si affacciava sul mare a non più di cento metri dalla riva. Poiché l’uragano veniva dal mare, l’enorme complesso di appartamenti era proprio sulla linea del pericolo. Un uomo, con un bicchiere di whisky in mano e già malfermo sulle gambe, si affacciò al balcone del secondo piano. Peralta gli gridò: “Venite via tutti di lì, più presto che potete. La tempesta sta peggiorando”. Altri uomini si erano affacciati al balcone e tutti risero alle parole di Peralta. “Questa terra è mia”, gridò uno di loro, “se mi vuoi far andar via, devi arrestarmi”. Peralta, logicamente, non arrestò nessuno, ma non riuscì a persuadere quelle persone a lasciare l’appartamento. Prese tuttavia i nomi di quella ventina di persone che partecipavano al ricevimento in mezzo all’uragano. Ridevano mentre Peralta scriveva i loro nomi. Erano stati avvertiti, ma non avevano nessuna intenzione di andarsene. Erano circa le dieci e un quarto di notte, quando il fronte dell’uragano salì dal mare. Gli osservatori calcolarono la velocità del vento di “Camilla” a più di trecento chilometri orari, la più forte velocità mai registrata. Le gocce di pioggia colpivano come pallottole di fucile e le onde del Golfo erano alte fino a nove metri. Il giorno dopo i giornali riferirono che i danni maggiori si erano verificati in un piccolo insediamento formato da alcuni bar, motel, case di gioco, conosciuto come il villaggio di Pass Christian, Mississippi, dove venti persone avevano perso la vita in un ricevimento in onore dell’uragano svoltosi in un appartamento del complesso chiamato “Appartamenti Richelieu”. Dell’intero palazzo di tre piani non era rimasto nulla, se non le fondamenta; l’unico sopavvissuto fu un bambino di cinque anni, trovato il giorno dopo abbracciato ad un materasso.


DI FRONTE ALLA REALTA’

Mia figlia Gigi, suo marito Stephen, Herman Lucerne e le persone di Pass Christian sfidarono tutti la sorte. Avevano udito gli avvisi di allarme ed avevano deciso di rimanere dove si trovavano. Vi sono oggi annunzi di tempesta di tipo diverso, che ci sollecitano a porre attenzione alle varie crisi che si succedono nel nostro mondo, e mi domando se noi tutti non ci muoviamo come ciechi di fronte ad una tempesta di proporzioni apocalittiche che si sta avvicinando.
Gesù disse:”Si leverà nazione contro nazione e regno contro regno; ci saranno carestie e terremoti in vari luoghi; ma tutto questo non sarà che il principio di dolori” (Matteo 24:7-8). Vi sono annunzi di tempesta da ogni parte e nubi nere appaiono all’orizzonte. C’è recessione economica negli Stati Uniti e nel mondo milioni di persone sono colpite da sofferenze e disperazione, mai prima sperimentate su così vasta scala. Viviamo tempi difficili. Ma qual è il significato di tutto questo? Siamo veramente in pericolo?
Nel suo “Discorso sullo stato dell’Unione” del 1992, il Presidente Bush ha parlato della consapevolezza indiscutibile che qualcosa di profondo e di insolito sta accadendo nel mondo: “grandi cambiamenti”, li ha definiti il presidente. Bush si è rallegrato per la fine dei regimi comunisti e per l’apparente vittoria americana nella “guerra fredda”. Ha aggiunto: “Negli ultimi dodici mesi, il mondo ha conosciuto cambiamenti di proporzioni bibliche”.
Nel centro del suo discorso, il presidente ha messo in guardia la nazione circa i pericoli che stanno ancora di fronte a noi, con queste parole: “Il mondo è ancora un luogo pericoloso. Soltanto i morti hanno finito di combattere. Se anche le provocazioni di ieri sono ormai alle nostre spalle, quelle di domani debbono ancora sorgere”.
Vi sono indubbiamente molti segni di speranza e molti stimoli interessanti nei cambiamenti che sono in corso nel mondo. Gli avvenimenti che si sono susseguiti nell’Europa dell’est sono esaltanti, ma presentano anche molti pericoli. Ma se è abbastanza facile giudicare la pericolosità di un uragano, com’è possibile individuare i pericoli di una società nel caos?
Lo scopo di questo libro è proprio questo: esaminare la situazione del mondo in questi tempi di confusione e le circostanze che dovremo affrontare, alla luce dell’unico punto di riferimento di cui ci possiamo fidare: la Bibbia. Il mio scopo non è quello di provocare timori insensati, ma di rispondere ad alcune domande fondamentali.
C’è ancora qualche speranza nella situazione attuale del mondo? Ci sarà una pace duratura? C’è un modo migliore di gestire la vita? Come dobbiamo comportarci di fronte alle nuove crisi del mondo ed alle nuove opportunità che si manifestano?


TENSIONE PER LE STRADE

Posso confermare che nelle nostre strade s’incontrano spesso profonde tensioni. Sono sempre in viaggio e dovunque vado vedo i sintomi della delusione e della disperazione degli Americani. Tutto il mondo è stato scosso dalle violenze che si sono manifestate a Los Angeles in seguito alla sentenza sul caso di Rodney King. Un anno prima avevamo osservato alla televisione l’aspro confronto fra abortisti e antiabortisti ad Indianapolis ed in altre località. Prima ancora avevamo avuto notizia dei tumulti di San Francisco. In tutta l’America, in una città dopo l’altra, folle adirate scendono in piazza per protestare per questo o per quel motivo.
Nell’aprile del 1992, un giornalista della Associated Press ha intervistato centinaia di Americani dalla California alla Florida, scoprendo un profondo senso d’insicurezza e d’incertezza, unito talvolta ad un sentimento di disperazione. Un uomo in Louisiana ha parlato di “un generale senso di timore non specificato”. Un veterano della seconda guerra mondiale aveva l’impressione di scorgere “le prime avvisaglie della rivoluzione”. Un avvocato dello Stato di Washington manifestava le sue preoccupazioni per la cattiva amministrazione da parte del governo accompagnata da abusi di potere. Una suora in Florida raccontava dell’ansietà crescente fra le persone che incontrava quotidianamente.
Lo sviluppo dell’economia degli anni ’80 è stato seguito dalla recessione progressiva degli anni ’90. Questa situazione sembra aver tolto a molti Americani il loro ottimismo e la loro gioia di vivere. Perdita del posto di lavoro, vite spezzate, carriere rovinate, fallimenti, matrimoni infranti, disturbi psichici e migliaia di altre tragedie hanno colpito le famiglie americane. Ciò che rimane in questi casi è la triste e ben poco romantica realtà di una nazione in profondo smarrimento. Ed è fin troppo chiaro che l’entusiasta avanzata del ventennio precedente è stata bloccata tragicamente dal fallimento morale e spirituale della nostra società.

IL MONDO CHE CAMBIA

L’America non è, tuttavia, il solo paese in subbuglio oggi. Tutto il mondo è in agitazione. Mentre l’esplosione demografica continua al ritmo di cento milioni di nascite all’anno, altri milioni di persone muoiono per le epidemie, per le guerre, per la fame, per la droga, per la criminalità e per la violenza. Viviamo in un tempo di enormi conflitti e di trasformazioni culturali. I capovolgimenti politici e sociali del nostro tempo vanno di là di ogni immaginazione.
Sulla scena politica del mondo, gli avvenimenti degli ultimi tre anni sembrano portare il marchio inconfondibile del destino. Siamo stati come storditi dalle ondate di cambiamento in una nazione dopo l’altra. Molti di questi cambiamenti hanno portato speranza e libertà a milioni di persone. E tuttavia, nonostante l’insorgere della democrazia nell’Europa orientale, la caduta del muro di Berlino, la guerra nel Golfo, il dissolvimento dell’Unione Sovietica come Stato unitario e la fine del Comunismo, stiamo ora affrontando i problemi inevitabili che sorgono sul cammino faticoso dell’unificazione dell’Europa.
Il mondo non si era ancora ripreso dallo spettacolo della tragica fine del movimento studentesco della piazza Tien An Men a Pechino, quando ci giunsero le notizie quasi incredibili delle vittorie democratiche in Romania, in Polonia, in Cecoslovacchia, in Bulgaria. In molti luoghi i promotori di questi cambiamenti espressero una visione grandiosa dell’unità del mondo. Dissero che il mondo era giunto alla soglia di una pace senza precedenti e di una unità globale. Nel suo discorso a Fulton, nel Missouri, Mikhail Gorbaciov auspicò che si arrivasse presto ad un forte governo centrale formato da nazioni democratiche: un nuovo ordine mondiale che prendesse il posto dei vecchi stratagemmi basati sulla possibilità di un conflitto nucleare. Ma mentre il mondo applaudiva le sue osservazioni e fors’anche i suoi sentimenti, si avanzavano molte riserve nei circoli politici.
Il bagno di sangue che sta avvenendo nella ex Jugoslavia, è un esempio delle tensioni scatenatesi in seguito ai cambiamenti. Ma questo sconvolgimento non era del tutto inatteso. Mentre gli esperti di affari internazionali continuano a proclamare: “Pace, pace!” noi sappiamo dalla Bibbia che non vi sarà vera pace, duratura, fino al ritorno di Cristo. Perciò il mondo rimane ansioso ed incerto. Mentre molti sono pieni di speranza ed il mondo continua ad applaudire Gorbaciov ed altri come lui quando parlano di pace, i nostri timori non si dissolvono tanto facilmente.
Abbiamo visto i risultati di una sconfinata cupidigia, della corruzione e delle contraffazioni a Wall Street, la Borsa di New York, l’amministrazione corrotta delle risorse economiche nelle aule del governo, la frode e la perversione ai più alti livelli della chiesa e dello stato. Mentre tengono d’occhio il contrasto che già si manifesta fra le superpotenze economiche d’Europa, d’Asia e dell’America del Nord, molte persone ritengono possibile una maggiore inimicizia fra le nazioni del mondo. Speriamo nella pace ed in nuove opportunità di sviluppo, eppure dobbiamo costantemente affrontare nuovi problemi in questo tempo di crisi.


IN CERCA DI UNA NUOVA MORALITA’

I tumulti di Los Angeles attirarono l’attenzione del mondo intero per una settimana, nella primavera del 1992. Infuriati per il verdetto di una giuria, i rivoltosi pretesero di sostituirsi alla legge, commettendo un’infinità di atti scellerati, più odiosi di quello contro il quale stavano protestando. Quarantaquattro persone furono uccise, duemila vennero ferite e i danni alle proprietà vennero calcolati in oltre 1.300 miliardi di lire. Commentando le conseguenze di quei giorni di rivolta, il settimanale Newsweek scrisse: “I tumulti di Los Angeles hanno riportato l’attenzione sull’importanza d’impostare in modo nuovo i problemi etnici e quelli riguardanti la criminalità e la miseria. La necessità di trovare nuove guide morali è risultata tristemente chiara, mentre i nostri candidati alla presidenza non sembrano dare importanza a questo aspetto”. Le riviste di tutto il mondo hanno dedicato pagine e pagine a mostrare fotografie dei rivoltosi e delle rovine delle costruzioni andate in fiamme. Ma quelle scene di violenza sulle strade americane sono soltanto un’illustrazione del terrore che si sta scatenando in tutto il mondo moderno.
Siamo stati dolorosamente colpiti anche dalle fotografie delle atroci situazioni di guerra, di fame e di pestilenza in Africa orientale, incluse quelle delle madri e dei loro bambini ischeletriti, provenienti dalla Somalia devastata dalla guerra. Sembra che non si riesca a scacciare lo spettro della morte dal continente africano. Ma queste immagini non fanno altro che mettere in luce la fragilità della linea che separa la vita dalla morte nel mondo attuale. La tragedia della Somalia è come una fotocopia di almeno un’altra dozzina di guerre che si sono svolte negli anni recenti. Dal novembre 1991, una mezza dozzina di fazioni opposte si fanno guerra apertamente in quella povera nazione. Il capo dello stato è fuggito per salvarsi la vita, lasciando dietro di sé un’anarchia totale e il caos. Osservando le fotografie di Mogadiscio, la capitale della Somalia, non ho potuto fare a meno di scorgervi l’ombra del Biafra, di Soweto, dell’Uganda, della Liberia, dell’Etiopia, del Congo e delle innumerevoli guerre che hanno insanguinato l’Africa negli ultimi quarant’anni.
Il 7 maggio 1992, in un articolo del Washington Post, l’inviato speciale in Somalia, Todd Shields, riferiva come quella disgraziata nazione era stata condotta al macello dalla guerra, dalla miseria e dalla siccità. Nelle città non esiste più elettricità, né cibo, né medicinali. Poche cose di valore sono rimaste, che non siano state rubate o distrutte. Bande di rapinatori armati percorrono il paese, uccidendo, saccheggiando, rubando a piacimento persino il cibo inviato dalle altre nazioni per i bambini che muoiono di fame nei campi per rifugiati. Infine, l’uccisione di un volontario ha costretto persino la Croce Rossa ad abbandonare gli sforzi per portare in Somalia cibo e medicinali. E’ un fatto triste ed umilante, ma è una conseguenza degli orrori che vediamo intorno a noi. Alcuni osservatori hanno previsto che l’America, come il resto del mondo, può raggiungere il punto in cui rinunzierà ad ogni forma di stato sociale. Non crediamo più di dovere e di potere aiutare i poveri e i disabili, i nostri sentimenti si sono avvizziti. Newsweek ha descritto questa realtà come “una stanchezza mondiale per la compassione”.
Dobbiamo meravigliarci che il mondo sia in questo stato? Quando vediamo la frode, la menzogna, la corruzione, l’abuso ad ogni livello della nostra società ed in ogni settore della vita pubblica, è mai possibile continuare a credere che l’umanità sia in qualche modo perfettibile senza l’intervento di Dio? Possiamo aspettarci compassione e comprensione quando non esiste più pietà per fermare la sofferenza degli altri?

LA RICHIESTA DI UN RINNOVAMENTO DI CARATTERE

In una conferenza al “Jonathan Edwards College” della Università di Yale, nel novembre 1990, il Ministro americano della sanità, Dr. Louis Sullivan, rivolse un serio appello agli americani per “un rinnovato senso di responsabilità” di fronte ai problemi del nostro paese. Disse: “Un’altissima percentuale delle malattie e delle invalidità che affliggono il popolo americano è dovuta a scelte errate di condotta e di stile di vita”. Ne risultano vite frustrate e limitate e spese mediche vergognosamente alte.
Il Dr. Sullivan fece un quadro dello scotto che si paga per l’uso del tabacco e dell’alcol, in termini di perdita di vite umane e di costi per i cittadini che versano le tasse. Ma parlò anche del prezzo delle scelte sbagliate dell’America in fatto di moralità e di comune senso dei valori. Disse: “Sono molto preoccupato per la progressiva mancanza di fiducia nella nostra volontà e capacità, sia come individui sia come società, di offrire giudizi validi circa una condotta umana ed uno stile di vita fisicamente e moralmente sani. Legata a questo declino della nostra fiducia nei giudizi etici, c’è una continua svalutazione di tutte quelle istituzioni che hanno generato, costruito e sostenuto i nostri modelli etici e culturali: la famiglia, il buon vicinato, la chiesa, la scuola e le associazioni di volontariato. Come conseguenza di questo declino istituzionale abbiamo un numero sempre minore di strumenti per insegnare alle persone il valore di una condotta sana e costruttiva”.
Le condizioni descritte dal nostro Ministro della Sanità sono proprio le condizioni che hanno contribuito a suscitare la rabbia, la violenza e l’ostilità nelle nostre strade. Sullivan aggiunse ancora: “Per quanto mi concerne vedo lo scotto che paghiamo per i nostri dilemmi etici, il prezzo tragico della nostra indifferenza culturale. Molti di questi problemi hanno le loro radici nell’alienazione, nell’isolamento e nell’assenza di direzione conseguenti al collasso dei modelli sociali e delle istituzioni che li avevano generati”.
Sullivan definì il suo discorso a Yale come un appello per un rinnovamento della “cultura del carattere”. Infatti il ministro invocava un ritorno alle antiche virtù del popolo americano quali “l’autodisciplina, l’integrità, l’assunzione delle proprie responsabilità, il rispetto per gli altri, la perseveranza, la moderazione e l’impegno al servizio della comunità nel più ampio significato del termine”.


VALORI FONDAMENTALI

Il mondo ha davvero bisogno di una guida morale, nella linea indicata da Sullivan: abbiamo bisogno di quel tipo di valori fondamentali e di carattere personale che un tempo il mondo comprendeva e rispettava. Abbiamo bisogno di una guida morale che insegni la differenza fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e ci insegni a perdonarci l’un l’altro come noi siamo stati perdonati dal nostro Padre che è nei cieli. Abbiamo bisogno di una guida morale che insegni l’amore per i nostri fratelli e per le nostre sorelle di qualsiasi razza e tribù; una guida morale per cui l’abbondanza materiale non è mai lo scopo di una società, ma soltanto il risultato della sua operosità. Il mondo ha bisogno di una guida morale che rispetti i diritti degli uomini e delle donne nella stessa misura, come figli di un unico Padre, in armonia con il piano prestabilito da Dio per il bene della nostra vita. Negli ultimi giorni della Sua permanenza sulla terra, Gesù disse:
“Se uno mi ama osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui” (Giovanni 14:23).
Questo è il tipo di guida morale di cui il mondo ha bisogno.
Abbiamo bisogno di una moralità che garantisca il rispetto per le madri e per i padri che compiono i loro doveri di genitori e per le famiglie che vivono e operano insieme per compiere la volontà del Signore. Abbiamo bisogno di famiglie che stanno insieme e pregano insieme. Non abbiamo bisogno di un nuovo ordine morale; il mondo ha disperatamente bisogno di quell’ordine morale, ormai ampiamente collaudato nel corso dei millenni, che Dio dette al Sinai, che ha confermato per mezzo dei patriarchi e dei profeti e che ha espresso in modo perfetto nella vita, nella presenza e nella morte del Suo Figliuolo, Gesù Cristo.
Molti ricorderanno il fatto, narrato dalla rivista Time, del giovane Giuseppe Markowski, uno sbandato ammalato di AIDS, il quale vendeva il suo sangue alla banca del sangue di Los Angeles. Diceva di aver bisogno di danaro. Fu condannato per tentato omicidio, perché non si preoccupava di quante persone avrebbe ucciso con il suo sangue infetto. Questa è la moralità di un mondo egoista e indifferente. Se non ritorniamo al modello morale di Gesù Cristo, il quale versò il Suo Sangue per salvare la nostra vita, la moralità di Giuseppe Markowski è quanto di meglio il mondo può aspettarsi.

IL VORTICE EMOTIVO

Nel mio libro Mondo in fiamme (1965), parlavo degli anni ’60 e ’70 come di un tempo di rabbia e di violenza, per il contrasto di ideologie opposte. Anche se le situazioni del nostro tempo sembrano essere mutate superficialmente, sono convinto che le realtà sociali profonde non siano per nulla cambiate. Infatti, stiamo ancora pagando il prezzo dell’indifferenza intellettuale degli anni ’60. La nostra cultura, come mai prima, è intrappolata in una maglia d’irresponsabilità e di autoesaltazione. La nostra società è ancora prigioniera delle stesse condizioni di disperazione e di paura che ci hanno spinto senza sosta in un inferno emotivo. Via via che ci avviciniamo alla fine del millennio e di questo secolo tormentato, il mondo sembra girare sempre più velocemente. La tecnologia e il tempo stesso sembrano superarci a velocità pazzesche. Chi può sostenere un tale ritmo? Dov’è la fine? Vi saranno risposte alle crisi del nostro tempo? Dobbiamo chiederci se c’è ancora speranza per noi, o la situazione è veramente così grave come talvolta temiamo? Le librerie sono piene di promesse. Libri scritti da sapienti e da profeti di ogni genere offrono indicazioni per raggiungere subito ricchezza e felicità. Per alcuni la risposta sta nella buona salute e certamente un corpo sano favorisce la gioia. Per altri la risposta dev’essere trovata nel benessere psicologico ed emotivo oppure nel mantenersi in contatto con il proprio “io” interiore. Altri ancora cercano di convincerci che i nostri diritti sono stati calpestati in vari modi, per cui l’unica via d’uscita è prendere in mano noi stessi il nostro destino. Sfortunatamente, anche se i nomi possono essere nuovi, i rimedi proposti, in fondo, sono molto vecchi. Anche se alcuni di questi suggerimenti possono eliminare certi sintomi dei mali del mondo per un po’ di tempo, nessuno di essi riesce a curare la malattia. Il male è profondamente radicato nell’anima della nostra società, e quello è sempre stato il territorio esclusivo dell’azione di Dio.
Ho chiesto ad amici e conoscenti di varie parti del mondo che cosa pensano circa le nostre possibilità per il futuro. La maggioranza delle risposte è stata pessimista. Gli editori della stampa internazionale sono persino più negativi di quelli della stampa americana. I termini “Armagheddon” e “Apocalisse” sono sempre più usati per descrivere gli avvenimenti che ci attendono sulla scena del mondo. Dieci anni fa il libro dalle tinte oscure di George Orwell, 1984, era l’esempio maggiormente citato. Oggi la fantasia di Orwell sembra impallidire nei confronti della realtà: ciò che temiamo oggi è l’Apocalisse stessa.
Questo è il motivo per cui nel libro faccio riferimento alla visione dei quattro cavalieri ed al racconto biblico della fine dei tempi, per confrontarci con queste immagini e esaminarle alla luce dell’unica eterna verità su cui possiamo contare: la verità rivelata di Dio, la Bibbia. Per cercare di capire le difficoltà che il nostro tempo deve affrontare, desidero esaminare con voi ciò che la Bibbia ha da dirci su questi nostri tempi e sulle nostre speranze per il futuro.

LA TEMPESTA SI AVVICINA

Credo che l’immagine di una tempesta che si avvicina renda bene il senso di paura e d’incertezza che incontro spesso nei miei viaggi. Al centro di ogni tipo di tensione politica è sempre presente una tempesta di risentimenti di rabbia che fermenta nei nostri giovani. Troppo spesso, è vero, sono stati ingannati e sfruttati, non solo da parte dell’economia spietata di questa nostra civiltà dei consumi, ma anche da parte degli educatori e dei sociologi che li hanno allontanati dai veri valori, dalle relazioni famigliari e dalla necessità di dare uno scopo più alto alla propria vita. Ho incontrato troppi ragazzi e ragazze le cui formidabili potenzialità erano state deluse e il cui impegno di dedicarsi agli altri era stato disprezzato. Temo davvero per il loro futuro.
Ho incluso svariato materiale tratto dal mio libro Già si sente il fatale galoppo dei quattro cavalieri dell’Apocalisse con lo scopo di riesaminare gl’insegnamenti biblici sulla fine dei tempi. I quattro cavalli ed i loro cavalieri, descritti nel capitolo sesto dell’Apocalisse, rimangono immagini potenti ed evocatrici di ciò che può ancora avvenire. Esamino anche più dettagliatamente le parole di Gesù in Matteo 24, quando il Signore parla dei segni della fine dei tempi. In questo primo libro del Nuovo Testamento, Gesù ci dice esattamente in che modo si svolgeranno gli ultimi giorni del pianeta Terra.
Nelle vivaci immagini dell’Apocalisse di Giovanni, possiamo vedere i pericoli del nostro tempo descritti come Dio li vede. Il primo cavallo simboleggia le false religioni, con i loro sistemi di credenze contrarie a Dio e al cristianesimo. Nella mia esposizione ho cercato di esplorare a fondo le manifestazioni di questa realtà nel nostro mondo di oggi. Esamino anche le condizioni dell’anima dell’uomo moderno ed alcune false promesse di verità offerte dai santoni dei nostri giorni.
Il secondo cavallo simboleggia la guerra e la pace. Ho esaminato entrambi queste possibilità, tenendo presenti le condizioni attuali del mondo e le linee bibliche parallele. Il terzo cavallo simboleggia la carestia e la pestilenza e il quarto simboleggia il trauma della morte e le sofferenze dell’inferno. Non si tratta d’immagini senza senso o dal significato indeterminato, ma sono la rivelazione divina circa la realtà del tempo che precede il ritorno di Cristo. Insieme, queste immagini dei quattro cavalieri rappresentano tutti i vari aspetti della paura e della crisi che incontriamo nei nostri giorni. I fatti che accadono oggi sono come forti avvertimenti di tempeste che si avvicinano ed il linguaggio degli scritti profetici di Giovanni non è mai sembrato così attuale.
Il linguaggio allegorico dell’Apocalisse non è facile da comprendere pienamente ed è molto profondo. Tuttavia, nel tentare d’interpretare questi capitoli, cercherò di essere preciso e semplice per quanto possibile ed ho consultato i commentari dei maggiori studiosi per chiarire certi termini e certi concetti. Il mio scopo non è quello di trattare specificatamente tutti i problemi teologici relativi alla dottrina del ritorno di Cristo, né di offrire una mia interpretazione personale su avvenimenti discussi come il rapimento della Chiesa, la Grande Tribolazione o il Millennio. La mia intenzione è di approfondire la testimonianza della Bibbia circa gli avvenimenti del nostro tempo e circa tutto ciò che il Signore vuole che i Suoi discepoli sappiano e capiscano.
In entrambi i passi biblici che esamineremo (le immagini dell’Apocalisse ed il discorso di Gesù in Matteo 24) il mio scopo è quello d’interpretare i testi nel modo più pratico e logico possibile. Anche se vi sono versetti che usano un linguaggio particolare, questi passi sono drammaticamente rilevanti per il nostro tempo e per i problemi di un mondo che cambia.
Nessuno faccia l’errore d’interpretare questi testi soltanto come paradossi o come immagini iperboliche. Di fronte a tanta sofferenza in ogni angolo del nostro mondo, dobbiamo riconoscere la Parola di Dio per ciò ch’essa è veramente: la Parola di Dio. Così il mio scopo finale è quello di esaminare questi passi alla luce del messaggio di speranza e di certezze che Dio ci offre e d’indirizzare la nostra attenzione verso la vera sorgente della pace, che è la fede in Gesù Cristo. C’è una via d’uscita dalla disperazione. C’è una risposta alla crisi del mondo. C’è la possibilità di avere pace con Dio. Ecco perché l’allarme per l’arrivo della tempesta dev’essere suonato ora!

AFFRONTARE LE TEMPESTE DELLA VITA

Ho imparato a considerare la complessità delle tempeste della vita negli ultimi tre anni, avendo dovuto affrontare la tempesta della malattia nella mia vita. Proprio mentre nel mondo avvenivano gli straordinari cambiamenti politici nell’autunno 1989 e nell’anno 1990, io incominciai a sperimentare i cambiamenti nella mia propria esistenza.
La prima preoccupazione fu provocata da un lieve tremolio delle mani, che attribuii al lavoro troppo intenso. Ben presto, però, notai alcune difficoltà quando camminavo a lungo, oppure nel compiere gesti molto semplici, come salire su un pulpito per predicare. Mi sottoposi perciò ad alcuni esami medici in una clinica e i dottori m’informarono che soffrivo del morbo di Parkinson, in forma ancora iniziale e leggera. E’ superfluo dire che non era proprio la notizia che avrei gradito ascoltare. Tuttavia, benché la diagnosi fosse una sorpresa, decisi di non prendere provvedimenti drastici. Desideravo affrontare la situazione con calma, seguire la terapia prescrittami dai dottori e vedere se riuscivo a superare la malattia. Negli ultimi vent’anni sono stato costretto ad affrontare ogni tipo di malattia, alcune serie, altre di piccola entità. Questa, però, era una nuova esperienza per me e sono lieto di poter affermare che ora sto bene. Mi è stato raccomandato di rallentare un pochino i miei impegni, ma nel complesso i medici sono soddisfatti dei miei progressi.
Per la sua stessa natura, la fede cristiana comporta un certo grado di fatica, di dolore e di lacrime. Gesù ci chiama ad essere Suoi discepoli, indipendentemente dalle circostanze. Quando accettiamo la Sua chiamata, il Signore spazza via tutta una serie di problemi: il peso del peccato e della colpa, la solitudine, la disperazione, la separazione da Dio. Quindi Gesù ci dice: “Prendete su di voi il mio giogo ed imparate da me” (Matteo 11:29). Non è un giogo troppo pesante da portare per noi, perché Cristo stesso lo porta insieme con noi. Infatti, aggiunge: “Il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero” (Matteo 11:30). Gesù c’invita a seguirLo senza preoccuparci del prezzo da pagare e non ci promette mai che la nostra vita sarà facile.
Nessuna vita è senza problemi. Quando, da giovane, decisi di consacrare la mia vita a Gesù Cristo, non fu perché sperassi di essere al riparo dai dolori della vita. No, certo. Misi la mia fiducia nel Signore perché mi aveva promesso la vita eterna ed ero certo che Egli sarebbe stato con me e mi avrebbe dato la forza per superare le difficoltà della vita. Forse non avevo capito tutto a quel tempo, ma credevo fermamente che nel corso degli anni il Signore mi avrebbe aiutato a vivere una vita vittoriosa. E lo ha fatto.
Corrie ten Boom ripeteva sovente: “Il peggio può accadere, ma il meglio rimane”. E’ un messaggio splendido, perché tutti dobbiamo affrontare tempeste nella nostra vita. Non c’è nulla sulla terra che può essere paragonato in bellezza alla vita nuova in Cristo, ma non è sempre facile e, come ho detto, sto imparando sempre meglio, di giorno in giorno, questa verità.


LA PROVA DELLA PERSEVERANZA

Quando penso alle difficoltà di ordine fisico, mi viene in mente un simpatico giovane che partecipò una sera ad una delle nostre campagne di evangelizzazione, seduto su una sedia a rotelle. Soffriva di cancro allo stadio terminale ed era pieno di rabbia e di amarezza per questo male. Aveva letto fin troppi libri che promettevano guarigione al credente. Parecchi cristiani di buona volontà gli avevano promesso una guarigione miracolosa dalla sua malattia. Ma poiché la guarigione non si manifestava istantaneamente, il giovane era sempre più disperato. I suoi genitori, che lo amavano profondamente, lo avevano portato da un guaritore all’altro ed ognuno di essi aveva pregato per una guarigione miracolosa, ma senza successo. Il ragazzo aveva pregato e digiunato ed era un credente sincero e tuttavia non c’era stato alcun miracolo. La nostra campagna di evangelizzazione sarebbe stata l’ultima riunione cui quel giovane avrebbe potuto partecipare. La nostra predicatrice per la sezione dedicata ai giovani, quella sera, era Joni Eareckson Tada. Molti sapevano che Joni era rimasta paralizzata in seguito ad un incidente di tuffo, parecchi anni prima. Anch’ella aveva pregato per la guarigione. E anch’ella era rimasta confinata in una sedia a rotelle, come paraplegica. Quando si avvicinò con la sua sedia al microfono, quella sera, Joni non banalizzò la “Buona Novella”. Confessò apertamente che un tempo era piena di ribellione per il fatto di esser rimasta paralizzata, dopo aver pregato ed aver creduto nel miracolo. Quindi raccontò in che modo Dio le era venuto incontro nel suo dolore e aveva dato un nuovo significato ed una nuova direzione alla sua vita, nonostante la sofferenza e le delusioni. Joni ebbe il coraggio di dire le cose come stavano. La sua onestà liberò quel giovane morente. Dimenticando la sua amarezza e la sua collera, smise di vedere sé stesso come un fallimento, come uno che non ha abbastanza fede. Al contrario, incominciò a vedere Gesù attraverso la sua sofferenza. Poco dopo quella riunione il giovane morì, ma i suoi genitori poterono rallegrarsi del fatto che non era morto pieno di ribellione e di amarezza. Semplicemente aveva restituito la vita al Padre celeste, abbandonandosi completamente a Gesù Cristo. Sarà con il Signore risorto che gli darà una libertà eterna.

LA POTENZA DI DIO

Questo non significa che Dio non guarisca mai in modo miracoloso: sono convinto che talvolta Dio lo fa. Ma vi sono anche molte occasioni in cui Dio non lo fa. Non possiamo capire perché alcune persone sembrano passare attraverso la vita senza incontrare alcuna difficoltà, mentre altre appaiono sempre in mezzo ai dolori ed alle sofferenze. Non possiamo spiegare per quale motivo alcuni corpi stremati dalla malattia vengono guariti, mentre altri soffrono e muoiono. Non possiamo sapere perché alcune preghiere ottengono risposte miracolose, mentre altre sembrano rimanere senza esaudimento. Non possiamo pretendere che la vita in Cristo ci garantisca sempre la vittoria ed il successo materiale in questa vita. Quando raccontiamo soltanto storie di vittoria, presentiamo solo una parte della verità. Quando riportiamo soltanto gli esaudimenti ricevuti, non diciamo tutta la verità. Quando lasciamo intendere che la fede cristiana non implica un giogo ed un peso, diciamo molto meno della verità. E le mezze verità, le risposte facili, le bugie interessate, sono le armi dell’inganno.
Nel mezzo delle prove, delle sofferenze, delle tentazioni, Gesù ci offre la Sua pace e la Sua gioia. Questa è oggi la mia speranza: non sono mai stato impedito di fare le cose che amo fare e non riesco ad immaginare un periodo della mia vita in cui non predicherò la Parola di Dio. Non c’è null’altro sulla terra che preferirei fare. Comprendo bene, tuttavia, che non posso continuare con lo stesso ritmo per altri cinquant’anni. Non posso più fare tutto quello che ero abituato a fare. Ma finché sarò in grado di farlo, continuerò a predicare e a viaggiare per quanto possibile. Conto di dedicare sempre più tempo alle varie istituzioni create dalla “Billy Graham Association”, come il nostro centro di preparazione per evangelisti presso Asheville. E continuerò a presentare il messaggio dell’Evangelo per mezzo del programma radiofonico: “L’ora della decisione” e degli speciali programmi televisivi su scala mondiale, finché il Signore mi darà la forza.
In un momento di stanchezza e di tensione nella sua vita, l’apostolo Paolo scrisse alla chiesa di Filippi:
“Ho imparato ad accontentarmi dello stato in cui mi trovo. So vivere nella povertà e anche nell’abbondanza, in tutto e per tutto ho imparato a essere saziato e ad aver fame; a essere nell’abbondanza e nell’indigenza. Io posso ogni cosa in Colui che mi fortifica” (Filippesi 4:11-13).
Questa è la realtà. Finché abbiamo la certezza che Cristo è al timone della nostra vita, nessuna prova è troppo grande, nessuna tempesta è troppo violenta, nessuna crisi è troppo forte. Noi possiamo ogni cosa per mezzo di Cristo che ci dà la forza.


PROCLAMARE LA VERITA’ DI DIO

Mentre questo libro veniva scritto e revisionato, ci siamo resi conto in misura sempre maggiore della pericolosità delle nubi tempestose che avanzano sulla nostra società moderna. Ho potuto constatare in un modo più diretto che mai quali drammatiche implicazioni hanno certe pericolose teorie socali e politiche che sono state propagate come verità negli anni recenti. Leggendo questo libro, forse realizzerete, come faccio io ora, la futilità della sapienza di questo mondo e la nullità delle ideologie terrene che ci stanno conducendo, giorno dopo giorno, verso la soglia di Armagheddon.
Indipendentemente dalla mia vocazione personale, sono sempre più convinto della responsabilità dei cristiani di annunziare la verità della Parola di Dio. Abbiamo il preciso mandato di parlare con forza contro “il peccato che così facilmente ci avvolge” (Ebrei 12:1). Benché noi non siamo del mondo, viviamo ancora nel mondo e siamo chiamati a fare tutto quel che sta in noi per preservarlo dal male.
In questo libro ho cercato di esporre le mie preoccupazioni e d’indicare alcune strade che i credenti possono percorrere per prendere una chiara posizione in favore della giustizia nel mondo. Ho tentato di mostrare in che modo ogni uomo ed ogni donna che veramente capiscono il messaggio della grazia e del perdono possono aiutare a preparare gli altri per il mondo futuro che la Bibbia ci promette.
Le mie priorità personali sono sempre le stesse: proclamare il messaggio di salvezza di Gesù Cristo affinché uomini e donne possano dare una risposta di fede e diventare figliuoli di Dio per l’eternità. Ma non posso certo trascurare il comandamento di Cristo che ci invita ad essere il sale e la luce di un mondo che ha disperatamente bisogno di essere preservato ed illuminato. Spero che questo libro sia usato come un avvertimento per le cose che debbono avvenire. Ma la mia preghiera è anche che il libro possa recare speranza e conforto a coloro che pongono la loro fiducia in Dio, tramite il Suo Figliuolo Gesù Cristo.
Così, nelle pagine che seguono, esamineremo le parole stesse di Gesù riguardo alla fine di questa età e la venuta del mondo futuro che Egli ci ha promesso. Queste parole sono la nostra migliore ed unica speranza per la pace sulla terra.

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