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Commentario Biblico di Matthew Henry

Commentario Biblico di Matthew Henry

Collana completa in 12 volumi indivisibili

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Matthew Henry (1662-1714), è stato considerato uno dei più grandi espositori della Bibbia.
Il commentario da lui scritto esamina a fondo, versetto per versetto, l'intera Bibbia, dalla Genesi all'Apocalisse, rendendolo uno dei più apprezzati nel mondo evangelico. La sua opera, redatta originariamente in inglese, è stata tradotta in diverselingue tra cui l'italiano.

Esso ha influenzato i leader religiosi del XVIII secolo, sia gli arminiani come Wesley, sia i calvinisti come Whitefield.
Gli inni di William Cowper sono stati ispirati dallo spirito e persino dal frasario di Matthew Henry.
Nel leggere il commento su Levitico 8:35, si possono riconoscere le parole che Charles Wesley più tardi usò nell'inno A charge to keep I have.

Addirittura intere frasi di questo commentario sono diventate epigrammi popolari nella lingua inglese.
C. H. Spurgeon, conosciuto come il «principe dei predicatori», ebbe a dire a proposito che "ogni ministro dovrebbe leggere l'opera di Matthew Henry interamente e attentamente almeno una volta nella vita".
Il noto predicatore George Whitefield lesse il commentario per intero ben quattro volte - prostrato sulle ginocchia - e parlava sempre del grande Matthew Henry verso il quale sapeva di essere debitore.

Però, ciò che più conta è che la sua interpretazione della Parola di Dio ha aiutato a creare e a rafforzare gli standard di moralità secondo i quali il cristiano modella e dirige la sua vita.
La presente edizione, con i suoi 12 volumi e oltre 9000 pagine di commento, può essere annoverata tra le opere evangeliche più consistenti mai pubblicate in lingua italiana.

Non vendibile separatamente

Produttore:
Hilkia Italia
Codice prodotto: CLC0000014216
Dimensioni:
175 x 250 x 490 mm
Peso: 15.810kg
Rilegatura:
Copertina rigida
Numero di pagine: 9253
Lingua: Italiano

Contenuto libro

VOLUME 1: Genesi-Esodo
VOLUME 2: da Levitico a Deuteronomio
VOLUME 3: da Giosuè a 2 Samuele
VOLUME 4: da 1 Re a Ester
VOLUME 5: da Giobbe al Salmo 83
VOLUME 6: dal Salmo 84 a Cantico dei Cantici
VOLUME 7: da Isaia a Lamentazioni
VOLUME 8: da Ezechiele a Malachia
VOLUME 9: Matteo-Marco
VOLUME 10: Luca-Giovanni
VOLUME 11: da Atti a 1 Corinzi
VOLUME 12: da 2 Corinzi ad Apocalisse

Capitolo gratuito

CAPITOLO 2 Lettera agli Efesini
Questo capitolo ci parla: I. Delle miserabili condizioni degli Efesini (vv. 1-3, 11, 12). II. Del glorioso cambiamento causato in loro dalla grazia della conversione (vv. 4-10, 13). III. Dei grandi e potenti privilegi che i convertiti, siano essi Ebrei o pagani, ricevono da Cristo (vv. 14-22). L’apostolo cerca di inculcare in questi credenti il senso del meraviglioso cambiamento che la grazia divina ha operato in loro. Questo si può applicare a quel gran cambiamento che la stessa grazia opera in tutti quelli che sono portati in questo stato di grazia. Qui, dunque, abbiamo una chiara descrizione sia della miseria degli uomini non spiritualmente rigenerati, sia della felice condizione delle anime convertite, tale da sollecitare e mettere in allarme coloro che sono ancora nei loro peccati e da spingerli a uscire dal loro stato e da consolare e deliziare coloro che Dio ha già portato alla conversione, con una considerazione dei grandiosi privilegi di cui essi godono. 2:1-3
La miserabile e naturale condizione degli Efesini è qui parzialmente descritta. In particolare, si noti: 1. Le anime non rigenerate spiritualmente sono morte nelle trasgressioni e nei peccati. Coloro che vivono nel peccato muoiono nel peccato e nelle loro trasgressioni. Quando si parla di peccato si intende ogni sorta di esso: peccato abituale o occasionale, peccato che ha a che fare col cuore o con il tipo di vita che si conduce. Il peccato, infatti, è la morte dell’anima, e ovunque il peccato prevale, c’è la fine della vita spirituale. Per cui i peccatori, separati da Dio, fonte di vita, sono morti rispetto alla Legge, cosí come si dice di un malfattore condannato che è un uomo morto. 2. Nel primo versetto Paolo parla del loro stato interiore, che si rifletteva nel loro comportamento esteriore: ai quali, trasgressioni e peccati, un tempo vi abbandonaste (v. 2), cioè vivevate e vi comportavate come gli uomini di questo mondo. 3. Difatti per natura noi siamo schiavi del peccato e di Satana. Per cui quelli che si abbandonano alle trasgressioni e ai peccati, secondo l’andazzo di questo mondo, si comportano seguendo il principe della podestà dell’aria, o principe dei demoni, cosí come viene descritto (cfr. Mt 12:24, 26). Le legioni degli angeli apostati costituiscono un’unica potenza unita sotto un solo capo; perciò, ciò che altrove è detto potenze dell’aria, qui è menzionato al singolare. L’aria, poi, viene presentata come la sede del regno di Satana. Difatti, sia gli Ebrei che i pagani pensavano che l’aria fosse piena di spiriti e che fosse soprattutto quello il luogo in cui esercitavano i loro poteri. Sembra dunque che il Diavolo abbia un certo potere, con il permesso di Dio, nei bassi strati dell’aria. Lí facilmente tenta gli esseri umani e cerca di danneggiare questo mondo quanto piú può. Tuttavia, chi costituisce la consolazione e la gioia del popolo di Dio, in quanto è il capo supremo della Chiesa, ha già vinto il Diavolo e lo tiene in catene. Gli uomini cattivi sono schiavi di Satana, perché si comportano imitandolo. Difatti, vivono e agiscono secondo la volontà di questo grande usurpatore; perciò, costoro vivono secondo i suoi suggerimenti e cedendo alle sue tentazioni. Gli sono soggetti e fanno sempre la sua volontà per cui Satana è chiaramente l’iddio di questo mondo e lo spirito che opera al presente negli uomini ribelli (v. 2). Gli uomini ribelli sono quelli che scelgono di disobbedire a Dio, mettendosi al servizio del Diavolo. In costoro egli opera molto potentemente ed efficacemente. Come, infatti, lo Spirito buono opera il bene nelle anime obbedienti, allo stesso modo lo spirito cattivo opera il male negli uomini cattivi. Satana ha agito cosí non solo prima, ma anche e specialmente da quando il mondo è stato benedetto con la luce del glorioso Evangelo. Qui l’apostolo aggiunge: Nel numero dei quali noi tutti pure, immersi nelle nostre concupiscenze carnali, siamo vissuti altra volta (v. 3). Ci si riferisce agli Ebrei, che qui Paolo dice che sono stati in tale miserabile stato per natura e sono stati miseri e cattivi come gli stessi pagani, e la cui condizione naturale descrive ulteriormente con le parole che seguono. 4. Noi siamo per natura schiavi della carne e delle nostre corrotte concupiscenze (v. 3). Difatti, ubbidendo alle voglie della carne e dei pensieri, gli uomini contraggono quell’inquinamento della carne e dello spirito da cui l’apostolo esorta i Cristiani a liberarsi (2 Co 7:1). Ora, l’ubbidienza alle voglie della carne e dei pensieri include tutti i peccati e tutta l’iniquità che si può commettere con le capacità inferiori e superiori, o piú nobili, dell’anima. E noi vivevamo commettendo di fatto tutti quei peccati a cui la natura corrotta era incline. Insomma, la mente carnale rende l’uomo un perfetto schiavo della sua viziosa concupiscenza. L’ubbidienza alle voglie della carne indica l’efficacia di tali inclinazioni viziose e quale potere esse abbiano su quelli che vi cedono.
5. Dunque, noi siamo per natura figli d’ira, come gli altri (v. 3). Per cui gli Ebrei erano cosí, come anche i Gentili, e ognuno era tale per natura, non solo per tradizione e imitazione, ma da quando cominciamo a esistere e a causa delle nostre naturali inclinazioni e concupiscenze. Tutti gli esseri umani, essendo per natura figliuoli ribelli, sono, sempre per natura, figli d’ira: Dio è ogni giorno adirato contro i cattivi. Il nostro stato e modo di fare è tale da meritare l’ira di Dio e tale ira sarebbe stata eterna se non fosse intervenuta la grazia di Dio. Che motivo hanno dunque i peccatori di cercare quella grazia che farà di loro, da figli d’ira che erano, figli di Dio ed eredi della gloria! Fin qui, dunque, l’apostolo ha descritto la miseria dello stato naturale degli esseri umani e continuerà a farlo nei versetti che seguono.
2:4-10
Qui l’apostolo descrive il glorioso cambiamento causato in loro dalla grazia della conversione. In particolare, notate:
I. Da chi e in qual modo tale cambiamento fu attuato. 1. Negativamente: ciò non viene da voi (v. 8). La nostra fede, la nostra conversione e la nostra salvezza eterna non sono il prodotto di qualche capacità naturale, né di qualche nostro merito. Non è in virtú di opere, affinché nessuno si glori (v. 9). Cioè, tutto questo non è realizzato da qualcosa fatta da noi, perciò non c’è motivo di vantarsene; chi si gloria, deve gloriarsi non di se stesso, ma nel Signore. Non è il caso che qualcuno si glori delle sue capacità e del suo presunto potere, come se avesse fatto qualcosa per meritare tali immensi favori da parte di Dio. 2. Positivamente: Ma Dio, che è ricco in misericordia (v. 4). Dio stesso è l’autore di questo grande e felice cambiamento, e il suo grande amore ne è la fonte; egli «sceglie» di essere misericordioso. L’amore, infatti, è l’inclinazione a farci del bene considerandoci solo delle creature; la misericordia, invece, ha come oggetto noi in quanto creature ribelli e miserevoli. Notate: L’eterno amore o l’eterna benevolenza di Dio verso le sue creature è la fonte da cui tutti i suoi atti misericordiosi procedono. L’amore di Dio è un amore davvero grande e la sua misericordia è una misericordia ricca, indescrivibilmente e inesauribilmente ricca: è per grazia che siete stati salvati (v. 5), e per grazia siete stati salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio (v. 8). Notate: Ogni peccatore convertito è un peccatore salvato. Coloro che sono liberati dal peccato e dall’ira di Dio, sono portati a uno stato di salvezza ed hanno il diritto, concesso loro dalla grazia, di godere della felicità eterna. Difatti la grazia che li salva è l’immeritata benevolenza di Dio, che salva non per opere della Legge, ma mediante la fede in Cristo. In tal modo essi partecipano alle benedizioni dell’Evangelo, e naturalmente sia tale fede che tale salvezza sono doni di Dio. Le grandi dottrine, poi, che stanno alla base della fede, sono rese note dalla Rivelazione divina e rese credibili dalla testimonianza e dalle prove che Dio ci ha dato. Noi dunque crediamo che la salvezza avviene mediante la fede, che è un dono dalla grazia divina. Insomma, Dio ha cosí disposto ogni cosa, in modo che fosse chiaro che tutto è dovuto alla sua grazia. In particolare, notate:
II. In che cosa consiste tale cambiamento (si danno vari particolari). Il cambiamento serve a venire incontro alla miseria del nostro stato di natura (i relativi particolari sono enumerati in questa sezione della Lettera e altri piú avanti). 1. Noi che eravamo morti, siamo stati vivificati (v. 5), siamo stati salvati dalla morte del peccato ed è stato piantato in noi un seme di vita spirituale. Difatti, la grazia in un’anima genera una nuova vita. Per cui, come la morte blocca la sensibilità e tutte le capacità e facoltà varie dell’individuo, cosí fa lo stato di peccato nei confronti di tutto ciò che è buono. La grazia, invece, toglie ogni blocco e allarga l’anima. Notate: Un peccatore rigenerato diviene un’anima vivente, nel senso che vive una vita di santificazione essendo nato da Dio. Inoltre vive anche rispetto alla Legge, dato che viene liberato dalla colpa del peccato mediante la grazia di Dio che perdona e giustifica. Difatti Dio ci ha vivificati con Cristo, quindi la nostra vita spirituale scaturisce dalla nostra unione con Cristo, poiché è in Lui che noi viviamo: Io vivo e voi vivrete (Gv 14:19).
2. Noi che eravamo sepolti siamo stati risuscitati (v. 6). Ne segue che ciò che rimane ancora da fare è presentato qui come se fosse stato già fatto, sebbene in realtà noi siamo risuscitati in virtú della nostra unione con Cristo, che Dio ha risuscitato dai morti. Quando Dio risuscitò Cristo dai morti, in effetti risuscitò anche tutti i credenti assieme a Lui, dato che questi ne era il capo. E quando lo pose alla sua destra nei luoghi celesti, elevò e glorificò loro con Lui, che era il Capo e Precursore risorto e glorificato: ci ha fatti sedere nei luoghi celesti in Cristo Gesú (v. 6). Quest’ultima affermazione può essere intesa anche in un altro senso. I peccatori si rotolano nella polvere, mentre le anime santificate siedono nei luoghi celesti e quindi si elevano al di sopra del mondo. Il mondo, infatti, non significa nulla per loro, se paragonato a ciò che è stato e a ciò
che è l’altro mondo. Questo significa che i santi non sono solo i liberti di Cristo, ma anche sono assisi con Lui. Difatti, con l’aiuto della sua grazia sono ascesi con Lui al di sopra del mondo per avere comunione l’uno con l’altro, e quindi vivono in attesa che tutto questo si realizzi di fatto. Essi, infatti, non sono solo servi del migliore dei padroni nell’opera migliore che si possa realizzare, ma sono stati glorificati a tal punto da regnare assieme a Cristo. Essi siedono sul trono con Cristo, poiché Egli si è seduto con suo Padre sul suo trono (Ap 3:21).
III. Notate quale sia il grandioso piano e lo scopo di Dio nell’attuare tale cambiamento: 1. Rispetto agli altri: Mostrare nell’età a venire l’immensa ricchezza della sua grazia (v. 7). Lo scopo, dunque, è quello di dare un esempio e una prova della sua grande bontà e misericordia, al fine di incoraggiare i peccatori anche in futuro. Infatti, la bontà di Dio nel convertire e salvare i peccatori è un opportuno incoraggiamento per altri, in futuro, a sperare nella sua grazia e misericordia. Essendo questo il piano di Dio, i poveri peccatori dovrebbero sentirsi incoraggiati. E che cosa mai non possiamo sperare da tale grazia e benedizione, dalle ricchezze della sua grazia a cui si deve tale cambiamento? Mediante Gesú Cristo tutto questo è ottenuto; per mezzo di lui Dio ci comunica tutto il suo favore e tutte le sue conseguenti benedizioni. 2. Rispetto agli stessi peccatori rigenerati: Perché siamo fattura di Lui, essendo stati creati in Cristo Gesú per le buone opere (v. 10). è evidente che tutto è per grazia, perché tutti i nostri vantaggi spirituali provengono da Dio. Noi siamo fattura di Lui: ci si riferisce alla nuova creazione, non solo come uomini, ma anche come santi. Difatti l’uomo nuovo è una nuova creatura e Dio ne è il Creatore; è una nuova nascita e noi siamo nati secondo la sua volontà. In Cristo Gesú, cioè per ciò che Egli ha fatto e sopportato e per l’influsso e l’intervento del suo Spirito Santo, per le buone opere. L’apostolo, dunque, ha prima di tutto attribuito tale cambiamento alla grazia divina escludendo che avvenga grazie alle buone opere. Tuttavia, per evitare che sembri che egli scoraggi i credenti a compiere buone opere, Paolo fa notare che sebbene il cambiamento sia da attribuirsi a nulla di tale natura, (perché noi siamo fattura di Dio), Dio però ha stabilito e preparato per noi delle buone opere: Creati per le buone opere, con lo scopo di produrre tanti buoni «frutti». Difatti ovunque Dio, per la sua grazia, pianta dei buoni princípi, questi hanno lo scopo di produrre buoni frutti. Le quali Dio ha innanzi preparate (v. 10), cioè decretate e stabilite. Oppure si può intendere, Alle quali Dio ci ha innanzi preparati, cioè benedicendoci con la conoscenza della sua volontà e assistendoci col suo Spirito Santo e quindi causando in noi un tale cambiamento. Affinché le pratichiamo, glorificando Dio con una condotta esemplare e perseverando nella santità.
2:11-13
In questi versetti l’apostolo continua a descrivere lo stato miserabile in cui si trovano questi Efesini per natura: Perciò, ricordatevi (v. 11). Qui è come se dicesse. «Dovreste ricordarvi ciò che siete stati e paragonatelo a ciò che siete ora, al fine di umiliarvi e spingervi ad amare Dio e essergli riconoscenti». Notate: I peccatori convertiti dovrebbero spesso riflettere sulla peccaminosità e miseria dello stato in cui erano per natura. Essi erano gentili di nascita (v. 11), cioè vivevano nella corruzione delle loro nature e senza la circoncisione, che è il segno esteriore di appartenenza al patto della grazia. Essi erano quelli chiamati i non circoncisi, cioè: «Voi eravate per questo disprezzati dagli Ebrei legalisti, che ci tenevano a quel segno esteriore e non guardavano oltre l’ordinamento esteriore». Notate: I religiosi ipocriti si danno importanza principalmente in base ai loro privilegi esteriori e rimproverano e disprezzano gli altri che ne sono privi; perciò, l’apostolo descrive la loro miseria scendendo in vari particolari (v. 12). In quel tempo (v. 12), quando eravate pagani, e dunque non convertiti, voi eravate:
1. Senza Cristo (v. 12), cioè senza conoscere il Messia e senza sapere nulla della salvezza tramite Lui. Questo è vero di tutti i peccatori non convertiti, di tutti quelli che non hanno fede in Cristo, e deve essere triste e deplorevole per un’anima essere senza Cristo. Essendo senza Cristo, essi erano: 2. Esclusi dalla cittadinanza d’Israele (v. 12). Non appartenevano alla Chiesa di Cristo e quindi non avevano alcuna comunione con essa, comunione riservata alla nazione d’Israele. Difatti, non è un privilegio da niente aver posto nella Chiesa di Cristo e godere, con i suoi membri, dei vantaggi che le sono propri.
3. Erano estranei ai patti della promessa (v. 12). Il patto della grazia è stato sostanzialmente sempre lo stesso, sebbene, avendo subito varie aggiunte e migliorie nelle varie epoche della Chiesa, viene indicato qui con un plurale, patti. I patti della promessa, poi, sono detti cosí perché sono fatti di promesse, e contengono particolarmente la grande promessa del Messia e della vita eterna tramite Lui. Ora, gli Efesini, quando erano pagani, erano estranei a tale patto, non sapendo neanche che cosa fosse. Lo stesso si dica di tutti i peccatori
non rigenerati, che ovviamente non se ne curavano. Difatti quelli che sono senza Cristo e a cui non importa conoscere il Mediatore del patto, non hanno nulla a che fare con le promesse del patto. 4. Non avevano speranza al di là di questa vita, nessuna speranza ben fondata in Dio, nessuna speranza di godere di benedizioni spirituali ed eterne. Difatti quelli che sono senza Cristo ed estranei al patto, non possono avere nessuna vera speranza, dato che Cristo e il patto costituiscono la base di tutte le speranze del Cristiano. Insomma, essi erano lontani da Dio, erano senza Dio nel mondo. Non senza una qualche idea generale intorno a Dio (Ro 1:18 ss), poiché adoravano gli idoli, ma vivevano senza curarsene e indipendentemente da Lui. Per cui, in realtà, erano atei nel mondo, poiché sebbene adorassero molti déi, erano senza il vero Dio. L’apostolo, poi, continua descrivendo il felice cambiamento avvenuto in loro: Ma ora, in Cristo Gesú, voi che già eravate lontani (v. 13). Erano lontani da Cristo, dalla sua Chiesa, dalle promesse, dalla speranza cristiana e da Dio stesso. Insomma, erano lontani da tutto ciò che è bene, come il figliuolo prodigo in quella terra lontana (tutto questo è stato trattato nei versetti precedenti). I peccatori non convertiti si portano lontani da Dio e Dio stesso li allontana: Dio da lungi conosce l’altero (Sl 138:6). Ma ora in Cristo Gesú, cioè: «In base alla vostra conversione, grazie all’unione con Cristo e alla vostra fede in Lui, siete stati avvicinati». Erano stati portati a casa da Dio, accolti nella Chiesa, erano entrati nel patto e godevano di tutti i privilegi che ne derivavano. Notate: I santi sono vicini a Dio, ma la salvezza è lontana dagli iniqui. Dio però è sempre pronto ad aiutare il suo popolo, e questo per il sangue di Cristo (v. 13), per i meriti delle sue sofferenze e della sua morte. Perciò, ogni peccatore credente deve la sua vicinanza a Dio e la sua grazia alla morte e al sacrificio di Cristo.
2:14-22
Siamo giunti all’ultima parte di questo capitolo, che ci parla dei grandiosi privilegi che gli Ebrei e i Gentili convertiti ricevono da Cristo. In particolare l’apostolo qui dimostra che quelli che erano nemici, si sono riconciliati. Come, difatti, c’era inimicizia tra Ebrei e Gentili, cosí c’era inimicizia tra Dio e ogni essere umano non rigenerato. Ora, però, Cristo è la nostra pace (v. 14). Egli ha dato pace con il sacrificio di se stesso. Difatti, venne per riconciliare:
1. Ebrei e Gentili. Dei due popoli ne ha fatto uno solo (v. 14), riconciliando tra loro queste due parti dell’umanità che, per natura, prima si odiavano e si rimproveravano l’un l’altro. Cristo ha abbattuto il muro di separazione (v. 14), la legge cerimoniale, che causava il loro antagonismo ed era il segno di distinzione degli Ebrei e chiamato muro di separazione, alludendo, appunto, a quella parete nel tempio che separava il cortile dei Gentili dalla parte in cui soltanto gli Ebrei potevano entrare. Cristo, dunque, ha abolito nella sua carne la causa dell’inimicizia (v. 15). Per mezzo delle sue sofferenze nella carne abrogò la legge cerimoniale (eliminando cosí la causa dell’inimicizia e la distanza tra loro), che qui è chiamata la legge fatta di comandamenti in forma di precetti (v. 15), perché ingiungeva una quantità di riti esteriori e cerimonie e consisteva di molti ordinamenti riguardanti le manifestazioni esteriori del culto a Dio. Le cerimonie, prescritte dalla Legge, sono state abrogate da Cristo, dato che hanno avuto il loro adempimento in Lui. Eliminandole, Cristo ha costituito una sola Chiesa di credenti, siano essi di origine ebraica o pagana. In tal modo, ha creato in se stesso dei due un solo uomo nuovo (v. 15). Da queste due parti dell’umanità ne ha costituita una nuova società o corpo del popolo di Dio, unendolo a se stesso quale loro capo comune, rinnovati come sono dallo Spirito Santo e che ora si danno ad adorare Dio in un modo nuovo, facendo cosí la pace tra queste due parti, che prima erano antagoniste.
2. Ma c’è anche un’inimicizia tra Dio e i peccatori, siano essi Ebrei o Gentili, e Cristo venne proprio per eliminare totalmente queste inimicizie e riconciliare tutti con Dio (v. 16). Difatti il peccato alimenta una contesa tra Dio e gli uomini. Cristo venne per eliminare tale contesa riconciliando sia Ebrei che Gentili, ora riuniti in un solo corpo, a un Dio provocato e offeso. Egli attuò questo mediante la croce, cioè mediante il Suo (di Cristo) sacrificio sulla croce, sulla quale fece morire l’inimicizia loro (v. 16). Cristo, ucciso o sacrificato, uccise l’inimicizia che c’era tra Dio e i poveri peccatori. Perciò, l’apostolo passa a descrivere i grandi vantaggi di cui entrambe le parti godono per la mediazione del Signore nostro Gesú Cristo (v. 17). Difatti Cristo, che ottenne la pace sulla croce, venne in parte nella sua propria persona, per gli Ebrei, che qui si dice che erano vicini, e in parte nei suoi apostoli, che inviò a predicare l’Evangelo ai Gentili, che qui si dice che erano lontani, nel senso che è stato indicato prima. Ed ha annunziato la buona novella della pace (v. 17), precisando le condizioni della riconciliazione con Dio e della vita eterna. Notate qui che quando i messaggeri di Cristo annunziano le sue verità, è come se lo facesse Lui direttamente. Per cui si afferma qui che Cristo viene predicato da loro, nel senso che chi riceve loro, riceve Lui, e chi disprezza loro (che agiscono in virtú del suo mandato e annunziano il suo messaggio) disprezza e rifiuta Cristo stesso. Ora, l’effetto di questa pace è il libero accesso che sia Ebrei che Gentili hanno alla presenza di Dio, che è
divenuto il Padre che si è riconciliato con entrambi. Questo significa che il trono della grazia è eretto per noi affinché vi accediamo, e ci è concessa la libertà di avvicinarci a tale trono. Il nostro accesso a Dio avviene mediante lo Spirito Santo. Difatti Cristo ottenne per noi il permesso di venire a Dio, e lo Spirito Santo ci dà il coraggio e la forza di avvicinarci a Lui, e la grazia per servirlo come si deve. Notate dunque: Noi ci avviciniamo a Dio mediante Gesú Cristo, con l’aiuto dello Spirito Santo. Agli Efesini, perciò, in base alla loro conversione, avendo un tale accesso a Dio, come gli Ebrei, e con l’aiuto dello stesso Spirito Santo, l’apostolo dice loro: Voi dunque non siete piú né forestieri né avventizi (v. 19). Questo lo dice paragonandolo, per contrasto, a ciò che aveva detto di loro, quando erano pagani: ora essi non erano piú esclusi dalla cittadinanza d’Israele e non erano piú ciò che gli Ebrei pensavano che fossero tutte le nazioni, tranne la loro (cioè stranieri per Dio), ma ora erano concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio (v. 19), cioè membri della Chiesa di Cristo, avendo diritto a tutti i suoi privilegi. Notate che qui la Chiesa è paragonata a una città e ogni peccatore convertito ne fa parte. è anche paragonata a una casa, e ogni peccatore convertito ne è un familiare, un servo e un figlio nella casa di Dio. Nel versetto 20 la Chiesa è paragonata a un edificio. Gli apostoli e i profeti costituiscono il fondamento di tale edificio. Essi possono essere chiamati cosí solo in senso secondario, poiché Cristo ne è il fondamento principale. In ogni caso, qui ci si riferisce alla dottrina trasmessa dai profeti dell’Antico Testamento e dagli apostoli del Nuovo. Ne segue, comunque, che Gesú Cristo stesso è la pietra angolare (v. 20). In Lui Ebrei e Gentili si incontrano e costituiscono una sola Chiesa e Cristo sostiene l’edificio con la sua potenza: Sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando (v. 21). Tutti i credenti, di cui esso è fatto, essendo uniti a Cristo per la loro fede in Lui, e tra loro stessi dall’amore cristiano, si vanno innalzando per essere un tempio santo nel Signore (v. 21), cioè divengono una sacra società. In tale società c’è tanta comunione tra Dio e il suo popolo, quanta ce ne era nel Tempio. Difatti essi adorano e servono Dio, mentre Dio, a sua volta, si rivela a loro. Essi gli offrono sacrifici spirituali, ed Egli dispensa loro le sue benedizioni e le sue grazie. Quest’edificio, dunque, per natura sua, è un tempio, un tempio santo, poiché la Chiesa è lí dove Dio ha scelto di porre il suo nome, e diviene tale tempio per la grazia e la potenza che scaturiscono da Lui stesso, nel Signore. Dato quindi che la Chiesa universale è costruita su Cristo come fondamento e unita in Cristo quale pietra angolare, alla fine viene glorificata in Lui quale edificio completo: In lui voi pure entrate a far parte dell’edificio (v. 22). Notate: Non solo la Chiesa universale è chiamata tempio di Dio, ma anche le singole chiese locali. Anzi, ogni vero credente è un tempio vivente, è una dimora di Dio per lo Spirito (v. 22). Ora Dio abita in tutti i credenti, dato che sono diventati il tempio di Dio a opera dello Spirito Santo, e la sua dimora in loro è ora la caparra, o pegno, della loro abitazione eterna assieme a Dio.

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