Capitolo gratuito
La bellezza che svanisce
II principe non era incantato dalla conversazione intelligente
sensibile di Cenerentola.
Biancaneve e la Bella Addormentata colpirono
i loro uomini presentandosi a loro in uno stato di coma.
Raperonzolo aveva una chioma stupenda.
Quale bambino non arriverebbe a desumere che la chiave
per conquistare un cuore è la bellezza?
La grazia è ingannevole e la bellezza è cosa vana;
ma la donna che teme il Signore è quella che sarà lodata.
(Proverbi 31:30).
LA BELLEZZA ESTERIORE IDOLATRATA
Le donne hanno raggiunto oggi una libertà che le nostre nonne nemmeno avrebbero sognato, ma per quanto riguarda la loro percezione di se stesse sono di gran lunga più povere. Abbiamo raggiunto le posizioni più alte nell’industria, nella politica e negli affari, eppure siamo sempre più vittime di ogni tipo di disordini alimentari. Mai come prima si cerca di contrastare i segni del tempo con ogni mezzo, e tutte le riviste promuovono il messaggio secondo cui è intollerabile dimostrare la propria età (almeno per le donne). Infatti, i guadagni derivanti da questo tipo di pubblicità ammontano a 650 milioni di sterline che, se diventasse normale esibire serenamente la propria età, andrebbero in fumo. Le campagne pubblicitarie che esaltano bellezza e gioventù hanno l’intento di istillare nelle donne un senso di disagio riguardo alle normali forme femminili e al naturale processo di invecchiamento. Nel 1988, nel Regno Unito sono stati spesi 337 milioni di sterline per la cura della pelle: una frode fantastica visto che in media, il prodotto vale il 10% o meno di quanto viene pagato. Ogni anno, sempre nel Regno Unito, si spende un milione di sterline in trucchi e profumi; l’industria dei prodotti dietetici vale ben 33 miliardi Fanno. Inoltre, la somma spesa in centri di benessere e palestre aumenta costantemente, di pari passo con quella ingente versata a fronte degli interventi estetici, la cui industria vale 300 milioni l’anno. Una persona su cinque che attinga ad un prestito bancario lo fa per pagare chirurghi che tolgono, riempiono o risistemano parti del suo corpo.
Tutto questo non è che la riprova della convinzione condivisa da molte donne di essere giudicate per la loro apparenza. Naomi Wolf fornisce un dato sconcertante sul numero di donne che vengono licenziate per motivi estetici e argomenta che, sul piano lavorativo, dalle donne ci si aspetta, oltre alle qualifiche di istruzione ed esperienza, anche un buon livello di QBP (Qualifica di Bellezza Professionale). In passato, solo a certe categorie di lavoratrici, come le hostess delle compagnie aeree, era richiesto un aspetto raffinato ed attraente. Oggi, in un numero crescente di occupazioni, le donne si sentono costrette a mantenere un aspetto giovanile e fresco, con ingente dispendio di tempo, fatica e denaro, per quello che Naomi Wolf chiama “il terzo turno” (dopo il lavoro e le faccende domestiche).
In passato, i meriti di una donna le derivavano dalla sua abilità sul lavoro, dalle capacità gestionali, dall’essere una buona moglie, una buona madre ed un’efficiente padrona di casa. Era il carattere a contare e mantenersi bella non era la principale occupazione per molte donne. Oggi però, i datori di lavoro, così come i mariti, pretendono che le donne curino il loro aspetto allo stesso modo delle modelle.
In passato, il valore era definito principalmente in termini di virtù come l’onestà, la gentilezza e l’integrità. Oggi, un numero impressionante di giovani donne attribuisce valore primario all’immagine. Paragoniamo ad esempio due estratti da due riviste per adolescenti uscite a un secolo di distanza l’una dall’altra:
Risoluta a non parlare di me o dei miei sentimenti. Pensare prima di parlare. Lavorare seriamente. Essere controllata nella conversazione e negli atteggiamenti. Non lasciar vagare i miei pensieri. Essere dignitosa. Interessarmi di più agli altri (1892).
Cercherò di migliorarmi avvalendomi di qualsiasi risorsa a cui io riesca ad accedere con il denaro guadagnato facendo la baby-sitter. Perderò peso, comprerò nuove lenti a contatto colorate, mi concederò un nuovo taglio di capelli, mi truccherò come si deve, e acquisterò vestiti ed accessori nuovi (1982).
Considerare il proprio valore in termini di apparenza porterà inevitabilmente molte donne ad avere un senso di auto-stima spaventosamente fragile. L’eroina del best-seller II diario di Bridget Jones si crede emancipata e indipendente, ma è ossessionata dal numero di calorie che consuma! È per fare questa fine che siamo state liberate? Guardiamo con senso di pietà alle terribili restrizioni sopportate dalle nostre bisnonne, ai loro corsetti e alle loro gonne lunghe; eppure non stiamo meglio di loro, dato che ci lasciamo imprigionare dall’idea innaturale che essere formose sia un fallimento. Le donne hanno per natura maggiori riserve di adipe degli uomini (una teenager metterà su in media 16 kg del cosiddetto “grasso riproduttivo” intorno a fianchi e cosce, contenenti le 80.000 calorie necessarie per sostenere una gravidanza), eppure sono sempre più spesso a dieta stretta, al punto da mettere a rischio la loro stessa fertilità. Un’indagine recente ha mostrato che, a partire dai 13 anni, più della metà delle ragazze americane non accetta il proprio corpo. All’età di 17 poi, si sale ad un incredibile 78%. Non sorprende, dunque, che disordini alimentari come l’anoressia siano in aumento, né che le multimiliardarie industrie cosmetiche e dietetiche stiano attraversando un vero e proprio boom.
Le donne che si sentono valorizzate solo in funzione dell’aspetto esteriore sono ostaggio dell’avanzare inesorabile degli anni. Ogni nuova ruga, ogni chilo preso, ogni capello grigio in più diventa una tragedia. Si sentono minacciate dal bombardamento incessante di immagini di “bella gente” ad opera dei mass media.
Lo psicologo Oliver James parla della preoccupazione moderna del confronto. Può darsi sia sempre esistita ma, in passato, nelle piccole comunità, c’erano poche donne con cui paragonarsi! Nell’era della TX ogni donna è costretta ad un confronto non molto favorevole con i visi delle 6 o 7 donne più belle al mondo. Per di più il corpo femminile è il più grosso fattore di vendita dell’industria pubblicitaria che muove miliardi. Perciò gli uomini, a meno che non vadano in giro coi paraocchi, non possono fare a meno di vedere la continua processione di immagini di corpi femminili “perfetti” (spesso ritoccati dalla chirurgia o a computer) nei vari gradi della nudità. Per loro diventa comprensibilmente difficile evitare paragoni con il corpo non così perfetto della compagna con cui vivono e questo, per molte, è un’ulteriore fonte di insicurezza.
La ricerca della bellezza esteriore è uno dei grandi idoli del nostro tempo, che probabilmente ha rimpiazzato la religione convenzionale come primo interesse nella vita di molte donne e di sempre più uomini; (la cosmesi maschile, infatti, ha subito un’impennata, così come la richiesta di abiti firmati). Nel marketing dei prodotti di bellezza, la pubblicità usa un linguaggio quasi religioso. Ci viene garantito nutrimento, arricchimento, rinnovamento, rigenerazione, purificazione… insomma una “vita nuova”. Le estetiste promettono di coccolare, calmare, lenire, confortare. Molte donne non vanno più a confessarsi dal prete, preferendo confidarsi con la parrucchiera.
Per disintossicarsi non è più necessario un cambiamento morale, bisogna bere litri e litri di acqua purissima.
L’APPARENZA ESTERIORE NON HA DAVVERO IMPORTANZA?
Vi sono cristiani che reagiscono con disgusto a tutto questo, affermando che la bellezza interiore è l’unica che conta e che l’apparenza esteriore va ignorata. Essi condannando cosmesi e gioielli come espressioni di mondanità e vanità.
Va da sé che la ricerca della bellezza interiore dovrebbe essere prioritaria. I nostri corpi verranno sepolti (o cremati) relativamente presto, mentre le nostre anime non moriranno mai. Il viso e il corpo più gradevoli al mondo non potranno mai dissimulare stupidità, immoralità o vanità. Come sta scritto nel libro dei Proverbi: “Una donna bella, ma senza giudizio, è un anello d’oro nel grifo di un porco.” Il piano di Dio per le donne cristiane è quello di coltivare la bellezza che dura, e di questo parleremo nel prossimo capitolo.
È vero però che il progetto divino per le donne cristiane include anche i nostri corpi; del resto è Lui che li ha creati! L’aspetto fisico è secondario al carattere, ma non è da disprezzarsi. Nel Cantico dei Cantici gli amanti mostrano senza inibizioni di compiacersi del viso e del corpo, l’uno dell’altra. L’ambientazione viene descritta, in modo squisito, adoperando tutti i sensi e dilettandosi nel colore, nella consistenza e nel profumo. Dio ha creato un mondo traboccante di bellezza. Noi non adoriamo la natura, adoriamo il suo creatore, ma lo sminuiamo se sviliamo la Sua creazione.
Alle orecchie moderne suona piuttosto sconcertante l’enfasi posta sul fascino esteriore di alcune donne dell’AnticoTestamento: Sara, Rebecca, Rachele, Abigail, Tamara, Ester e le figlie di Giobbe, sono tutte definite donne molto belle. Sempre nel Vecchio Testamento vi sono numerosi riferimenti positivi a gioielli e profumi, e ciò riflette il fatto che “nell’antico Medio Oriente i cosmetici per la cura e l’ornamento del corpo erano ampiamente utilizzati sia dalle donne sia dagli uomini”. Se gioielli e vestiti costosi fossero stati moralmente biasimevoli, sarebbe stato inopportuno dire che il Dio sovrano li donò entrambi generosamente a Gerusalemme, nell’allegoria di Ezechiele 16, né si sarebbe detto che la pia donna di Proverbi 31 era vestita di porpora e lino fino. Nella società israeliana mogli e madri venivano rispettate e il segno di un marito devoto e fedele era nei begli abiti della moglie che egli si curava di provvederle; i rabbini erano perfino incaricati di stabilire la quota (ed era significativa!) di reddito che un uomo avrebbe dovuto spendere per il guardaroba della moglie.
L’ORO, LE PERLE, I CAPELLI ACCONCIATI E I BEI VESTITI SONO DAVVERO PROIBITI?
Nel Nuovo Testamento sia Paolo sia Pietro affrontano la questione del vestire delle donne in modi paralleli:
Allo stesso modo, le donne si vestano in modo decoroso, con pudore e modestia: non di trecce e d’oro o di perle o di vesti lussuose, ma di opere buone, come si addice a donne che fanno professione di pietà (I Timoteo 2:9-10).
Il vostro ornamento non sia quello esteriore, che consiste nell’intrecciarsi i capelli, nel mettersi addosso gioielli d’oro e nell’indossare belle vesti, ma quello che è intimo e nascosto nel cuore, la purezza incorruttibile di uno spirito dolce e pacifico, che agli occhi di Dio è di gran valore (I Pietro 3:3-4).
Il punto chiave da ricordare è che siamo di fronte a dei paragoni forti e non a delle proibizioni. Se queste fossero proibizioni in senso letterale, significherebbe dover andare in giro nudi! Entrambi i testi usano una costruzione grammaticale comune nella Bibbia: minimizzare la prima proposizione al fine di enfatizzare la seconda. Il modo attuale per esprimere un tale paragone sarebbe di utilizzare gli avverbi “non solo” nella prima locuzione e “anche”, “piuttosto” o “maggiormente” nella seconda. Per esempio Giovanni 6:27 recita:
Adoperatevi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna.
Non si tratta alla lettera di una proibizione: qui Gesù non ci sta proibendo di lavorare per vivere, Egli sta dicendo:
Non adoperatevi (solo) per il cibo che perisce, ma (anche! soprattutto) per il cibo che dura in vita eterna.
Nell’Antico Testamento si possono trovare molteplici esempi di questo tipo. Ecco cosa disse Giuseppe ai suoi fratelli:
Non siete dunque voi che mi avete mandato qui, ma è Dio (Genesi 45:8).
In realtà erano stati i fratelli a mandarlo, ma Giuseppe vuole puntualizzare che era stato Dio, in ultimo, ad aver guidato gli eventi e ad averli supervisionati:
Non siete dunque (solo) voi che mi avete mandato qui, ma (anche/piuttosto) Dio.
La forza della lingua nei passi riguardanti l’adornarsi è chiara:
Il vostro ornamento non sia (solo) quello esteriore, che consiste nell’intrecciarsi i capelli, nel mettersi addosso gioielli d’oro e nell’indossare belle vesti, ma (anche, maggiormente, soprattutto) quello che è intimo e nascosto nel cuore, la purezza incorruttibile di uno spirito dolce e pacifico, che agli occhi di Dio è di gran valore (I Pietro 3:3-4).
Allo stesso modo, le donne si vestano in modo decoroso, con pudore e modestia: non (solo) di trecce e d’oro o di perle o di vesti lussuose, ma (anche, maggiormente, piuttosto) di opere buone, come si addice a donne che fanno professione di pietà (ITimoteo 2:9-10).
Si tratta di un confronto efficace. Siamo tenute a coltivare la bellezza che dura per sempre. Il tempo, l’energia, il denaro che spendiamo per la bellezza intima e le buone opere dovrebbe superare di gran lunga quanto speso per l’esteriorità, ma non ci è proibito di badare anche all’aspetto fisico. Il nostro modo di proporci comunica qualcosa a chi ci sta intorno. Le vesti costose indossate dalla donna di Proverbi 31 traducevano il suo comportamento dignitoso, il rispetto verso se stessa e quello che anche il marito nutriva nei suoi confronti.
MODESTIA, DECENZA, DECORO
Paolo, scrivendo a Timoteo, affermò che le donne della chiesa di Efeso erano tenute a vestire con modestia, decenza e decoro. La loro bellezza non doveva dipendere tanto dai capelli acconciati, da oro, perle o vestiti costosi, quanto dal praticare opere buone, segno visibile della loro bellezza interiore. È probabile che egli si riferisse in primo luogo al vistoso contrasto tra i vestiti dei pochi ricchi e quelli dei molti poveri di una società in cui, possiamo immaginare, le distinzioni di classe erano ben più marcate che nel mondo contemporaneo occidentale, ed erano evidenziate dagli abiti. Un uomo ricco si aspettava che la propria moglie mettesse in mostra il suo alto status sociale e sarebbe stata un’umiliazione per lui se non fosse uscita in pubblico ostentando gioielli e acconciature ricercate, quando egli stesso si abbigliava in modo tale da proclamare la sua posizione sociale (Giacomo 2:3). I cristiani comunque non dovevano spendere grosse somme di denaro per l’aspetto esteriore né per mostrare così il loro status. Oggi, ricchezza e posizione sociale possono essere ostentati attraverso vestiti firmati o spendendo fortune per un corpo tonificato, abbronzato, massaggiato, idratato, depilato ed esfoliato. Il messaggio però è rimasto invariato: la bellezza interiore è più importante.
I termini “decenza” e “decoro” suggeriscono che dobbiamo vestire con modestia e in modo consono al nostro stile di vita. Un funzionario si vestirà in modo diverso da una mamma che sta in casa ad accudire i suoi bimbi. Vogliamo che Dio si compiaccia del nostro aspetto così come del nostro carattere. Dio è un Dio di bellezza e di ordine, quindi possiamo concludere che è contento quando le donne si rendono attraenti senza stravaganze. Dopo tutto, quando usciamo di casa, siamo le ambasciatrici del Re dei Re, e dunque il nostro aspetto deve portarGli onore.
Frances Ridley Havergal, autrice dell’amato inno “Prendi, o Dio, la vita mia, consacrarla voglio a Te”, amava vestirsi bene. Vissuta nel XIX secolo, ha parole piuttosto curiose per spiegare il suo atteggiamento:
Ciò che si vede fuori dovrebbe esprimere ciò che sta dentro, non essere una brutta maschera o comunque un artificio. Se la figlia del Re deve essere splendida dentro, non può essere orrenda fuori! Deve vestire sia come una signora, sia come una cristiana. Bado molto al denaro e non mi sento libera di spendere in vestiti quello che potrei risparmiare per l’opera di Dio; del resto, non costa così tanto avere una cosa graziosa e ben fatta e mi sento giustificata a comprarmi un vestito costoso solo se ha una durata proporzionata alla spesa. Lavorando per l’evangelizzazione degli stranieri a tu per tu, se mi vestissi al di sotto della norma attirerei l’attenzione e potrei venire rifiutata; mentre vestire in modo sobrio ma tuttavia gradevole non attirerà l’attenzione. Quello che si indossa a casa propria non è adatto per fare visita in quella d’altri e sarebbe quasi un insulto comparire ad un pranzo di parenti e amici abbigliata con vestiti “da casa”; sarebbe decisamente una violazione delle regole della buona educazione; allo stesso modo non mi sembrerebbe appropriato comparire tra gli ospiti di un matrimonio con un vestito adatto a prestare servizio in ospedale. In ogni cosa, comunque, chiederò a Dio di essere guidata!
Un aspetto trasandato e spento non glorifica il Creatore, anzi, contraddice tutti i principi della Sua creazione. Dio non viene glorificato da donne che si vestono di nero da capo a piedi e nascondono il viso e il corpo. E non è glorificato neppure quando l’industria della moda, senza alcuna vergogna, produce vestiti per tutte le età, chiaramente disegnati per istigare alla lussuria.
TRUCCARSI È PECCATO?
Quando, negli anni ’40, Billy Graham visitò l’Irlanda del Nord, avvisò la moglie che alcuni cristiani irlandesi consideravano peccato l’utilizzo dei cosmetici. L’uso del trucco metteva la donna nella stessa posizione della malvagia Jezebel, che si truccava gli occhi e si adornava i capelli prima dell’arrivo di Jehu (II Re 9:30). Così, per andare ad una riunione Ruth Graham si mise solamente un filo di rossetto. Dopo il sermone, i Graham furono apostrofati da due donne indignate. “Abbiamo ricevuto una grande benedizione dal tuo messaggio – disse a Billy una delle due – ma l’abbiamo persa quando abbiamo visto tua moglie truccata”. Stupito, Billy guardò il volto di Ruth senza riuscire a vederne traccia alcuna!
L’argomento Jezebel non può essere applicato rigidamente, o si dovrebbero condannare anche le donne che si pettinano i capelli. In diversi punti della Scrittura, i gioielli, i profumi e i bei vestiti vengono associati sia a donne virtuose che a peccatrici, per cui non c’è nulla di intrinsecamente buono o cattivo nel truccarsi. Nei tempi antichi, era costume universale per le donne d’Oriente scurirsi rime palpebrali, ciglia e sopracciglia con l’antimonio per evidenziare gli occhi. Il nome della figlia di Giobbe, Keren-happuk (Giobbe 42:14) significa appunto “corno di antimonio” o “corno di pittura per gli occhi”. La cosa quindi non poteva essere considerata biasimevole dal punto di vista morale; era piuttosto, semplicemente, un segno di bellezza. Probabilmente, tutte le fàglie di Giobbe, famose per la loro avvenenza, si truccavano gli occhi, proprio come facevano tutte.
Il trucco può aiutare a nascondere i difetti e a migliorare l’aspetto. Le donne cristiane dovrebbero sentirsi libere di truccarsi oppure no. La preoccupazione che i cosmetici fossero qualcosa di “sbagliato”, fu simpaticamente dissipata da un noto ministro anziano riformato. Quando una donna in ansia gli chiese se fosse permesso truccarsi, lui la guardò attentamente e gentilmente le assicurò che, nel suo caso, lo riteneva un imperativo!
L’ESERCIZIO FISICO HA VALORE (1 TIMOTEO 4:8)
I nostri corpi sono il tempio dello Spirito Santo e siamo tenuti ad averne cura. Se l’esercizio fisico è diventato uno degli idoli del nostro tempo, come lo era già stato al tempo degli antichi greci, non si dovrebbe reagire smettendo di fare ginnastica e di mangiare in modo sano solo perché è di moda. Adoniram Judson, il grande missionario pioniere in Birmania, sopravvisse tutto il tempo del suo servizio proprio grazie alla dieta e all’esercizio fisico, che gli permisero tra l’altro di lavorare con la massima efficienza. È probabile che molte donne sofferenti di depressione traggano beneficio dall’esercizio fisico, e alcuni medici illuminati prescrivono corsi in palestra a complemento della terapia farmacologica. I mariti che vogliono somigliare a Cristo prenderanno l’iniziativa di occuparsi dei figli per far sì che le loro mogli abbiano la possibilità di fare quella ginnastica che serve loro per restare in forma o qualsiasi altro scambio di attività che faciliti l’uscire di casa per coltivare altri sani interessi.
QUANTO È IMPORTANTE LA BELLEZZA PER GLI UOMINI CRISTIANI?
Se si da credito a Marabel Morgan, è consigliabile per le mogli credenti concedersi un bagno di schiuma, profondere trucco e profumo, acconciarsi per bene e mettersi persine un indumento sexy al rientro del marito ogni sera! Un po’ meno eccessivo è Willard Harley che sostiene essere uno dei bisogni primari dell’uomo l’avere una moglie attraente. Entrambe le posizioni sottintendono che in fin dei conti, tutti gli uomini sono come Sansone, schiavi del desiderio e incuranti dell’aspetto caratteriale di una donna, se viso e corpo sono abbastanza belli da lasciarlo in secondo piano.
In effetti, la realtà è più tranquillizzante. Gli ormoni sono potenti: ogni uomo ammetterà di notare una donna attraente, ma altrettanto generalmente ammetterà come a quel punto entra in gioco il buon senso a ricordargli che deve vivere con la sua sposa per il resto della vita. Un’indagine sui cristiani maschi ha mostrato che nella lista delle priorità nella ricerca di una moglie, l’aspetto è solo al sesto posto (comunque prima dell’intelligenza!). Lo psicologo credente Dott. Toni Whiteman osserva che, sebbene gli uomini cristiani reagiscano del tutto similmente agli altri di fronte all’aspetto di una donna, quel primo impatto (positivo o negativo) viene superato dopo averne approfondito la conoscenza. Per quanto riguarda i mariti “un uomo sposato tende a trovare la moglie attraente quando lei lo tratta come lui ama essere trattato, mentre la ritiene poco attraente quando non lo fa”. Se una moglie si agghinda splendidamente per un’occasione speciale e il marito non la nota neppure, come d’altro canto non nota il suo aspetto normale tutto il resto del tempo, questo accade perché lui la ama per quello che è, e non per come appare.
Un pastore consulente matrimoniale afferma che le donne di aspetto ordinario, che però stanno bene con se stesse, sono rispettate e ammirate dai loro mariti. Solo se si lamentano per qualche “difetto”, i mariti lo notano e possono cominciare a farsene un problema. Le donne che si criticano in continuazione stanno in effetti esibendosi in una sorta di vanità alla rovescia, un egocentrismo che finisce per essere controproducente e che può rovinare una buona relazione. È bello incontrare una donna che senza essere vanitosa mostri una sana sicurezza di sé.
Ellen Lambert scrisse un racconto autobiografico commovente dal titolo “La faccia dell’amore”. Le fotografie di famiglia la ritraevano una bambina graziosa, con un sorriso smagliante fino agli otto anni. In seguito cominciò ad apparire chiusa, senza grazia, accigliata, persine brutta e questo a causa della morte della madre. Ecco quanto scrive in proposito:
Non ero solo diventata brutta; esserlo in quegli anni della mia fanciullezza era una reazione, la reazione più forte che io potessi opporre al ribaltamento della mia intera vita.
La precedente bellezza di Ellen era un riflesso della “faccia dell’amore” di sua madre che “vedeva Ellen così bella perché l’amava”. Una ragazza, o una donna, che sa di essere amata irradia fiducia e sicurezza. I genitori hanno la responsabilità di dare ai loro figli un amore incondizionato che generi appunto questa sicurezza. La famiglia della chiesa è tenuta ad amare ogni suo membro, affinchè ognuno si senta necessario, valorizzato, sicuro. I mariti devono amare le loro mogli, rassicurarle della loro devozione esclusiva, attuando le promesse matrimoniali. Così ogni donna credente dovrebbe avere quella bellezza inconsapevole che viene dall’essere il riflesso della “faccia dell’amore”, il riflesso dell’amore di Dio mediato attraverso l’amore del Suo popolo.
QUAL È IL GIUSTO LIMITE?
Nel corso della storia della chiesa, alcuni hanno cercato di bandire la vanità istituendo delle regole. Il legalismo legato all’aspetto esteriore fu reso da Charlotte Brente in una scena memorabile di Jane Eyre, nella caricatura impietosa del Signor Brocklehurst che condannava i riccioli delle ragazze orfane, appena prima dell’ingresso di sua moglie e delle figlie vestite e acconciate in pompa magna:
I capelli di julia sono ricci naturalmente, ribattè la Signorina Temple con voce ancora più pacata. Naturalmente si! Ma noi non ci conformiamo alla natura!
Io voglio che queste ragazze siano figlie della Grazia… Signorina Temple, i capelli di quella bambina devono essere rasati….
Capelli corti, riccioli, trucco, pantaloni, gioielli, gonne sopra la caviglia o gonne al ginocchio: tutto è stato proibito in momenti diversi, con sforzi superficiali e senza criterio. La vanità può sopravvivere a tutte le regole imposte. Ce ne è solo una sicura: se, in un qualsiasi momento, il nostro aspetto esteriore ci prende più tempo e attenzione del nostro aspetto intcriore, allora c’è qualcosa di sbagliato. Dove sono i nostri cuori? Catturati dalle cose che non durano o dalle cose che durano?
RICORDATEVI DELLA MOGLIE DI LOT!
L’ammonimento più solenne di Gesù sul giudizio a venire, è accompagnato da un invito solenne: Ricordatevi della moglie di Lot! (Luca 17:32). Questa donna aveva privilegi non usuali. Viveva in una città nota per la sua perversione, ma lei faceva parte di una famiglia timorata di Dio. Quando fu pronunciato il giudizio sulla città, in risposta all’intercessione di un suo parente, Abramo, Dio mandò degli angeli a salvare Lot con moglie e figlie. La storia di quella fuga straordinaria si trova in Genesi 19. Tuttavia, nel cuore della moglie di Lot era in corso una grande lotta. Il pensiero dei suoi averi, della sua bella casa, delle comodità, degli amici: fu tutto questo a trionfare. Lei perse la battaglia, poiché il suo cuore era ancora a Sodoma. Anche se gli angeli erano stati mandati per condurla via da una città che in breve sarebbe stata avvolta dalle fiamme, lei non potè resistere dal guardare indietro e fu trasformata in una statua di sale.
Anche noi viviamo in una civiltà malvagia ma pericolosamente comoda; come Lot, siamo spesso afflitti per l’immoralità che abbiamo intorno (II Pietro 2:7), ma come la moglie di Lot, possiamo ritenere che la vita del qui e dell’ora sia seduttivamente facile. Le cose materiali, tutti quegli ammennicoli a cui siamo così legate, non sono intrinsecamente cattivi, ma possono uccidere la nostra prospettiva eterna e Gesù ci sta avvertendo che possono uccidere le nostre anime. Possiamo trovarci col cuore impigliato nelle cose di casa, nella carriera, nella famiglia, nell’aspetto, nella salute, o ancora, nel divertimento: l’amore eccessivo per una qualsiasi di queste cose può essere il sentiero per l’inferno.
La nostra società è letteralmente ipnotizzata dalla bellezza esteriore, come lo è dalla frenesia dell’acquisto di sempre più cose, che non potremo portare con noi quando moriremo. Per contrasto, guardiamo alla città che ha le fondamenta, il cui fondatore è Dio e diamo valore a ciò che possiamo portare con noi. Dobbiamo tenere lo sguardo fisso sulle realtà che non vediamo ma che sono tanto più certe e sicure di quanto ci sta intorno. Siamo tenute a coltivare quella bellezza intima, quel carattere simile a Cristo, che durerà per sempre. A questo rivolgeremo ora la nostra attenzione.
Per la riflessione personale:
1. Passo più tempo a coltivare la mia bellezza esteriore di quanto non curi quella interiore?
2. I miei vestiti sono modesti? Il modo in cui mi presento onora Dio?
3. Mi metto a confronto con le altre e/o le giudico per il loro aspetto? Perché? E perché questo è così dannoso?
Per una discussione di gruppo:
1. Quali sono le pressioni che portano tante giovani donne ad avere dei disordini alimentari? Come possiamo aiutare le nostre figlie ed altre giovani donne a resistere a queste pressioni (Salmo139:14)?
2. Ogni gruppo di cristiani tenderà verso il legalismo (regole contro la “mondanità”) o verso il lassismo (seguendo semplicemente le mode del momento). Perché entrambi questi estremi sono sbagliati?