Capitolo gratuito
Capitolo 5
IL BIVIO
“Oh Padre, Padre mio… Padre eterno’’.
Con esitazione pronunziai il Suo nome ad alta voce. Provai a rivolgermi a Lui in diversi modi. Ad un tratto sentii come se si fosse aspetto un varco dentro di me. Credetti che Egli potesse veramente ascoltarmi, proprio come aveva sempre fatto il padre mio terreno.
“Padre, o Dio Padre’’ esclamai con maggiore confidenza. Il tono della mia voce mi sembrò insolitamente alto, in quella grande stanza, mentre stavo inginocchiata sul tappeto, a fianco al letto. All’improvviso la stanza non fu più così vuota. Egli era là. Potevo avvertire la Sua presenza. Potevo sentire la Sua mano poggiata affettuosamente sulla mia testa. Mi sembra di poter vedere i Suoi occhi, pieni di amore e compassione. Era così vicino che mi ritrovai ad appoggiare la testa sulle Sue ginocchia, come fa una bambina, seduta ai piedi di suo padre. Rimasi così inginocchiata per molto tempo, singhiozzando sommessamente, ripiena del Suo amore. Mi sorpresi a parlare con Lui, scusandomi per non averLo conosciuto prima. E nuovamente, sentii quella Sua amorevole compassione, che mi ricopriva tutta avvolgendomi come in una coperta calda.
Soltanto allora mi resi conto che era la stessa amorevole Presenza che avevo avvertito quel pomeriggio in giardino, quando ne avevo sentito anche il profumo tutt’intorno a me – la stessa Presenza che avvertivo spesso nel leggere la Bibbia.
“Mi sento confusa, Padre…’’ dissi. “Devo prendere un momento una cosa’’. Raggiunsi il comodino, dove tenevo la Bibbia ed il Corano uno affianco all’altro. Li presi e li sollevai, uno in ciascuna mano. “Quale dei due, Padre?’’ dissi. “Quale di questi è il Tuo libro?’’.
In quell’istante accadde una cosa straordinaria. Non mi era mai capitato prima niente di simile. Sentii difatti una voce dentro di me, una voce che mi parlava chiaramente come se io stessi ripetendo delle parole nel mio intimo. Erano parole nuove, piene di dolcezza eppure allo stesso tempo piene di autorità.
“In quale libro Mi hai riconosciuto come tuo Padre?’’.
Risposi prontamente: “Nella Bibbia’’. Questo fu tutto.
Adesso nella mia mente non c’erano più quesiti su quale fosse il Suo libro. Guardai l’orologio e rimasi sorpresa nel constatare che erano trascorse tre ore. Eppure non mi sentivo stanca. Desideravo continuare a pregare, desideravo leggere la Bibbia, perché sapevo adesso che il Padre mio avrebbe parlato per mezzo di essa. Andai a letto solo quando non potei più farne a meno. L’indomani mattina presto dissi alle mie cameriere che non volevo essere disturbata; presi di nuvo la Bibbia e mi distesi sul divano. Cominciando da Matteo, lessi tutto il Nuovo Testamento, parola per parola.
Rimasi impressionata dal fatto che Dio aveva parlato al Suo popolo per mezzo di sogni. Nella prima parte del Vangelo di Matteo, questo fatto accadde ben cinque volte! Il Signore parlò a Giuseppe in favore di Maria. Mise in guardia i Magi verso Erode e per altre tre volte guidò Giuseppe riguardo alla protezione del bambino Gesù.
Non riuscii a trovare abbastanza tempo per leggere tutta la Bibbia. Ogni cosa che leggevo sembrava indicarmi di camminare più strettamente vicino al Signore.
Mi trovai al grande bivio. Fino allora avevo incontrato personalmente Dio Padre. Ora sentivo nel mio cuore che dovevo darmi completamente al Suo figliuolo Gesù oppure voltargli le spalle del tutto.
Sapevo con certezza che coloro che amavo mi avrebbero messo sull’avviso di voltare le spalle a Gesù. Mi venne in mente il ricordo di una giornata speciale, eccezionale, quando anni addietro, mio padre mi aveva accompagnata alla nostra moschea di famiglia. Eravamo solo noi due. Entrati nella sala dalla volta slanciata, mio padre prendendomi per mano mi disse con molto orgoglio e consapevolezza che ben venti generazioni della nostra famiglia si erano riunite lì per adorare. “Che privilegio hai, mia piccola Keecha, di far parte di quest’antica verità’’.
Pensai allora di Tooni. Questa giovane donna aveva già abbastanza preoccupazioni. E c’erano poi gli altri miei figli: per quanto vivessero lontano, anche loro si sarebbero certamente dispiaciuti se ‘fossi diventata cristiana’. E poi c’era mio zio Fateh, che appariva tanto orgoglioso il giorno in cui avevo compiuto quattro anni, quattro mesi e quattro giorni ed ero finalmente in grado d’iniziare a leggere il Corano. E poi c’era la cara zia Amina e tutti gli altri parenti – un centinaio di “zii’’, “zie’’ e “cugini’’. In Oriente la famiglia diventa biraderi, una sola comunità: ogni membro diventa responsabile verso gli altri. Potevo danneggiare la mia famiglia in molti modi, compromettendo perfino le mie nipoti nella loro scelta di matrimonio: sarebbe infatti pesata su di esse la mia decisione, se mi fossi unita agli “spazzini’’.
Ma sopra ogni cosa mi preoccupavo per il mio nipotino Mahmud; che cosa gli sarebbe accaduto? Il mio cuore ebbe un sussulto al pensiero del padre di Mahumud. Era un uomo molto volubile, che sarebbe stato capace di togliermi il bambino se io fossi diventata cristiana, dimostrando che ero chiaramente una persona instabile.
Quel pomeriggio, quando mi sedetti per leggere e meditare le Scritture nella quiete della mia stanza, quei pensieri m’indurirono il cuore. All’improvviso mi resi conto del dolore che avrei inflitto agli altri, non riuscivo a sopportarlo e mi alzai piangendo. Mi gettai uno scialle sulle spalle e nonostante il freddo andai in giardino, nel mio rifugio, dove mi riusciva meglio pensare e meditare.
“O Signore’’, implorai mentre percorrevo il sentiero ghiaioso “vuoi veramente che lasci la mia famiglia? Può un Dio di amore volere che io infligga dolore agli altri?’’. E nel buoi della mia disperazione, quel che sentii furono le Sue parole, le parole che avevo appena lette in Matteo:
“Chi ama padre e madre più di me, non è degno di me; e chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me” (Matteo 10: 37-38)
Questo Gesù non accettava compromessi. Non voleva mezzi termini. Le sue erano parole dure, scomode, parole che non volevo sentire.
Basta! Non potevo più sopportare il peso della decisione. Seguendo un impulso mi affrettai verso casa, chiamai Manzur, il mio autista, poi annunziai alla governante, alquanto allarmata, che partivo per Rawalpindi. Mi sarei trattenuta lì per qualche giorno. Se ve ne fosse stato bisogno avrebbe potuto raggiungermi da mia figlia. Manzur mi condusse a Rawalpindi, dove trascorsi alcuni giorni di acquisti febbrili: giocattoli per Mahmud, profumi e sari per me. Non c’è da sorprendersi se, nel continuare con le mie follie, mi sentii allontanare sempre più dalla Sua presenza rassicurante. Un giorno, mentre un negoziante spiegava una stoffa sul banco e mi mostrava le pietre ricamate nel tessuto prezioso, ad un tratto vidi la forma di una croce nel disegno. Investii quasi il negoziate per uscirmene in fretta. La mattina seguente ritornai a Wah, senza essermi ancora decisa se rimanere musulmana o diventare cristiana.
Una sera, mentre mi riposavo seduta accanto al fuoco, presi di nuovo la Bibbia in mano. Mahmud era a letto. Nel soggiorno era tutto tranquillo. Il vento in giardino faceva vibrare i vetri delle finestre, il fuoco scoppiettava nel camino.
Avevo letto senza interruzione i Vangeli e gli Atti e quella sera ero arrivata all’ultimo libro della Bibbia. Ero affascinata dall’Apocalisse, anche se riuscivo a capire ben poco. Leggevo come se fossi guidata, mi sentivo stranamente fiduciosa. Tutto ad un tratto lessi una frase che mi fece girare la stanza tutt’intorno. Era il ventesimo verso del terzo capitolo dell’Apocalisse:
Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me” (Apocalisse 3:20)
Cenare con Lui ed Egli con me! Rimasi senza fiato, il libro mi cadde in grembo.
Era quello il mio sogno, il sogno in cui Gesù cenava con me! A quel tempo non avevo alcuna idea di un libro chiamato Apocalisse. Chiusi gli occhi ed ancora una volta potei vedere Gesù, che sedeva con me dall’altra parte del tavolo. Potevo avvertire il Suo sorriso dolce, la Sua approvazione. Difatti la gloria era anche lì proprio com’era stato con il Padre. Era la gloria che apparteneva alla Sua presenza!
Ora sapevo che quel sogno era venuto da parte di Dio. Il motivo era chiaro. Potevo accettarLo o rifiutarLo. Potevo aprirGli la porta e chiederGli di entrare per sempre, oppure chiuderGliela. Dovevo prendere la mia decisione totale, ora, in un modo o nell’altro.
Mi decisi e m’inginocchiai davanti al fuoco.
“O Dio, non aspettare più. Ti prego, entra nella mia vita. Ogni parte di me è aperta a Te’’. Non dovevo lottare o preoccuparmi di quel che sarebbe accaduto. Avevo detto SÍ! Cristo era adesso entrato nella mia vita ed io lo sapevo.
Provavo una sensazione di una bellezza sublime, indescrivibile. In pochi giorni avevo incontrato Dio Padre e Dio Figlio. Mi alzai e mi preparai per andare a letto. La mia mente turbinava di pensieri. Avrei osato fare un altro passo? Mi ricordai che nel libro degli Atti, alla Pentecoste, Gesù aveva battezzato i Suoi discepoli con lo Spirito Santo. Avrei seguito anch’io quell’esempio? “Signore’’, dissi appena poggiai la testa sul cuscino. “Non ho nessuno che mi guidi, al di fuori di Te. Se Tu vuoi che io riceva questo battesimo dello Spirito Santo, sappi che io voglio ciò che Tu vuoi. Sono pronta’’. Con la consapevolezza di essermi messa completamente nelle Sue mani, mi lasciai prendere dal sonno.
Era ancora buio quella mattina del 24 dicembre 1966 quando mi svegliai in uno stato di profonda aspettazione. Guardai le lancette fosforescenti del mio orologio: segnavano le 3 di notte. La stanza era molto fredda, ma io mi sentivo bruciare dall’eccitazione.
Mi buttai fuori dal letto, lasciandomi cadere in ginocchio sul tappeto. Guardai verso l’alto e mi sembrò di vedere una gran luce. Alzai le mani verso di Lui, mentre calde lacrime mi scorrevano sul viso. Supplicando dissi: “O Dio Padre, battezzami col tuo Santo Spirito!’’.
Presi la Bibbia e l’aprii dove il Signore dice:
Perché Giovanni battezzò sì con acqua, ma voi sarete battezzati in Spirito Santo fra non molti giorni” (Atti 1:5)
“Signore’’ implorai, “se queste Tue parole sono vere, allora concedimi adesso questo battesimo’’. Mi raggomitolai a faccia in giù sul pavimento gelido e tra i singhiozzi dissi: “Signore, non mi alzerò più da terra fino a quando non mi avrai battezzata’’.
All’improvviso provai timore e meraviglia allo stesso tempo; in quella stanza silenziosa vidi la Sua faccia. Qualcosa mi fluttuò dentro: onda dopo onda di un oceano purificatore che si frangeva su di me, inondandomi tutta, dalla punta delle dita dei piedi, purificandomi l’anima.
Poi i fluttui impetuosi cominciarono a calare, l’oceano celeste si calmò. Ero completamente purificata. La gioia esplose dentro di me e cominciai a lodarLo e ringraziarLo.
Qualche ora più tardi, sentii che il Signore mi sollevò da terra. Voleva che mi alzassi. Guardai fuori della grata della finestra e vidi che era quasi l’alba.
“O Signore’’, dissi coricandomi, “può il paradiso, di cui Tu parli, essere più bello di questo? ConoscerTi è gioia, adorarTi è felicità, esserTi vicino è pace. Questo è il vero paradiso!’’
Non credo che riuscii a dormire per più di due ore quella mattina. Ben presto le mie cameriere vennero per aiutarmi a vestire il sari. Per la prima volta, che io mi ricordi, non rivolsi loro alcun rimprovero. C’era invece un’aria di calma e di pace nella stanza inondata dal sole. Raisham, mentre mi spazzolava i capelli, canticchiò addirittura una canzone, cosa che non aveva mai fatto prima.
Per tutto il giorno andai gironzolando per casa lodando in silenzio il Signore; riuscivo a stento a contenere la gioia che era in me. A pranzo, Mahmud alzando la testa dal piatto delle focacce disse: “Mamma, sei così sorridente, che ti è successo?’’. Gli andai vicino e gli scompigliai i capelli neri e lucenti.
“Dategli dell’halwa’’, dissi alla cuoca. Questo piatto di frumento, burro e zucchero era il suo dolce preferito. Dissi a Mahmud che avremmo celebrato il Natale a casa dei Mitchell.
“Natale?’’ disse Mahmud.
“è una festa’’, risposi “un po’ come il Ramadan’’. Mahmud sapeva a cosa mi riferissi. Ramadan era il mese dell’anno musulmano, quando Maometto ricevette la sua prima rivelazione. Ogni anno, per tutto quel mese, i musulmani digiunano ogni giorno dall’alba al tramonto fino a quando si sentono risuonare i tamburi nelle moschee. Soltanto allora ci rimpinziamo di ghiottonerie, dolci, frutta, frittelle di foglie di spinaci, melanzane cotte, succulenti kabobs. Ritenevo che il Natale sarebbe stato un po’ come il Ramadan. E fu proprio così. Quando David ci aprì la porta, si sentiva nell’aria un buon odore di cucina.
“Entrate! Entrate!’’ disse, guidandoci verso il salotto addobbato a festa. In un angolo scintillava un albero di Natale, mentre da un’altra stanza si sentiva il suono delle risate dei due ragazzini Mitchell, poco più grandi di Mahmud. Mahmud si unì con piacere ai loro giochi.
Non riuscii a contenere più a lungo la gioia che era in me. “David!’’ dissi, chiamandolo per nome senza riflettere, “Sono una cristiana adesso! Sono stata battezzata nello Spirito Santo!’’.
Mi fissò per un attimo, poi mi chiese, spalancando i suoi occhi grigi: “Chi vi ha detto del battesimo dello Spirito Santo?’’.
Cominciò a ridere di gioia ed a glorificare il Signore. Sentendo i suoi “Alleluia!’’, Synnove si precipitò dalla cucina. David mi chiese nuovamente: “Chi ve lo ha detto?’’.
“Gesù me l’ha detto’’, risposi ridendo. “L’ho letto nella Bibbia, nel libro degli Atti; l’ho chiesto a Dio e l’ho ricevuto’’.
Sia David che Synnove sembravano sconcertati. Poi all’improvviso mi si avvicinarono. Synnove mi abbracciò e scoppiò in lacrime. Anche David fece lo stesso. Ed allora tutti e tre abbracciati l’uno all’altro, glorificammo insieme Dio per quel che aveva fatto.
Quella sera iniziai un diario, in cui annotai tutte le cose meravigliose che il Signore stava facendo per me. Se fossi morta – non potevo certo prevedere quel che mi sarebbe accaduto, una volta che si sarebbe sparsa la notizia che ero diventata cristiana – volevo che rimanesse almeno quella testimonianza della mia esperienza.
Quando sedevo alla scrivania per scrivere le mie esperienze, non mi rendevo conto che Egli apprestava ad istruirmi.