Non molto tempo fa ho sentito dire da un missionario: “Non deve essere il bisogno a tenervi sul campo di missione, o vi verrà rinfacciato e sarete respinti”.Sono convinto che questo corrisponda al vero e altri missionari me lo hanno confermato. Il fatto è che il bisogno esistente è in effetti molto pressante in molti campi e questo può generare un senso di frustrazione: il compito sembra così gravoso e il missionario così piccolo in confronto! Una volta dimostrato che non sono gli sforzi del missionario ad essere richiesti, cosa rimane? Dalla risposta che uno dà a questa domanda dipende se egli riuscirà a portare avanti il suo lavoro oppure lo abbandonerà.Allora, cosa rimane? In un modo o nell’altro, la sola risposta adeguata è Dio. Alcuni mesi fa, parlavo con una missionaria veterana in Tailandia e le chiedevo il motivo del suo lungo soggiorno in quel paese. “Il comandamento di Dio; se non fosse per il comandamento di Dio, non rimarrei là”, mi rispose senza esitazione. Forse alcuni pensano che questa risposta sia dura e fredda. Semplicemente, questa donna non credeva più alle favole; non aveva perso i suoi ideali, ma solo il suo idealismo. Né una risposta ai bisogni dell’umanità, né uno “spirito d’avventura” avrebbero potuto trattenerla al suo posto. Tuttavia lei aveva una risposta: si era affidata alla direzione di Dio e, siccome le era stato comandato, lei restava. Dio le aveva dato un ordine e lei non era la sola ad aver risposto in questo modo; tantissimi altri missionari avevano risposto nella stessa maniera. “Perché sono missionario? Perché non appartengo a me stesso, ma ad un Altro, ai cui ordini mi sono sottomesso. Perché ho ricevuto un ordine da parte di Dio!”A questo punto, permettetemi di fare un’osservazione ovvia: le parole “comandamento di Dio” si compongono di due parti. Non c’è bisogno di dire che la parte importante è Dio; la parola “comandamento” occupa il suo posto, ma “Dio” viene prima. L’ordine viene da Dio ed è questo quello che conta.Torniamo ora alla missionaria in Tailandia per vedere cosa ha significato questo per lei. Supponiamo che fossi stato io ad inviare questa signora sul suolo missionario; ci sarebbe andata? Molto probabilmente no! Avrei potuto impiegare un tono autoritario ed assumere un atteggiamento imperioso, ma, a quel punto, lei si sarebbe davvero impegnata ad andare dove io ritenevo dovesse andare? E, anche se per un qualche motivo lo avesse fatto, certe persone assennate avrebbero sicuramente commentato sulla sua sciocchezza: “Figurati, come può una persona impegnarsi in una cosa simile per dar retta ai capricci di quell’uomo!”. E avrebbero avuto ragione!Neppure la parola “Dio” sarebbe stata sufficiente a spingerla ad andare. C’è qualcosa di più importante celato nelle parole “comandamento di Dio”, ovvero il manifesto carattere di Dio. Perché si dovrebbe obbedire ad un ordine di Dio piuttosto che ad uno mio? Per quello che Dio è! E’ quello che noi conosciamo di Dio che rende i suoi ordini qualcosa di più che semplici parole. Ciò è talmente ovvio, che non ho bisogno di soffermarmici sopra. Il nostro punto di vista su Dio - o quella che potremmo definire la nostra visione di Dio - spiega molte cose delle nostre vite e, in particolare, spiega il modo in cui reagiamo a quelli che sembrano essere degli ordini da parte sua. Se lo consideriamo come nostro Signore, agiremo in un dato modo, se, invece, lo vediamo solo come un osservatore occasionale della nostra vita, in un altro.Supponiamo ora, al contrario, che non esista un mandato divino. Potrebbe lo stesso esserci una motivazione per portare l’Evangelo alle estremità della terra? “Sì, gli uomini hanno bisogno dell’Evangelo, poiché senza di esso perirebbero” sarebbe una delle probabili risposte. Ma se noi non lo sapessimo, sussisterebbe ancora una ragione per portare l’Evangelo a tutte le nazioni? Esiste qualcosa che conosciamo di Dio che potrebbe ispirare il lavoro missionario?La tesi di questo libro è: Dio è degno di essere conosciuto e proclamato per ciò che Egli è, e questo rappresenta la parte più importante della motivazione e del messaggio di un missionario. C’è però una cosa strana circa questa affermazione. Non metto in dubbio che essa sia stata spesso alla base di tanto lavoro missionario. Nel dire che Dio è degno di essere conosciuto e proclamato per ciò che Egli è, sono convinto di affermare una verità che ha spinto all’opera molti missionari e, se ho ragione, ha costituito anche, naturalmente, parte del loro messaggio. Eppure mi sembra strano che questa realtà abbia operato generalmente a livello subcosciente nei missionari. Non è qualcosa che viene dichiarato spesso o, per lo meno, io non l’ho udito quasi mai, e proprio questo mi ha spinto a scrivere il presente libro. Desidero mostrare che ciò che sto dicendo è vero e ritengo non esserci nulla di più utile per i cristiani da realizzare!Questo libro vuole dimostrare una seconda tesi: coloro che meglio conoscono Dio sono i più responsabili ed i meglio equipaggiati per parlare di Lui. Tra i miei lettori ci saranno alcuni che pensano di aver sperimentato la gloria di Dio in modi che altri Cristiani hanno trascurato. Altri il cui motto è: “Lasciate che Dio sia Dio”; uomini e donne che hanno denunciato la “leggerezza” di buona parte della moderna cristianità. Tutti costoro ci richiamano ad uno studio più approfondito delle Scritture e di quanto esse rivelano di Dio e ci esortano ad abbandonare le nostre visioni superficiali sulla persona di Dio. Tutto questo lo fanno a fin di bene e noi abbiamo bisogno di raccogliere il loro invito. Da parte mia, spero di aver risposto al loro appello nello sviluppare proprio la seconda tesi di questo libro.A tutti i miei lettori ripeto che Dio è degno di essere conosciuto e proclamato per ciò che Egli è, e che questo rappresenta una parte importante della motivazione e del messaggio di un missionario.E a voi, che avete afferrato il concetto, ripeto che coloro che meglio conoscono Dio sono i più responsabili ed i meglio equipaggiati per parlare di Lui.